domenica 6 maggio 2018

Quando si arriva a fine Cammino


Quando si arriva a fine Cammino ci si trova in un luogo non tanto fisico quanto mentale, un posto in cui l'euforia, le emozioni e la soddisfazione ballano sfrenati su ritmiche forsennate portandoti allo sfinimento. 
Quando si arriva a fine cammino si rivivono in pochi secondi, i ricordi delle singole tappe, una sequenza velocissima di flashback che vorresti condividere con tutto il mondo.
Quando si arriva a fine cammino si brinda, si ride e si abbracciano gli amici, creando uno scambio di sentimenti che rafforzano tutto ciò di cui sopra.
Risvegliarsi la mattina dopo che si è arrivati a fine Cammino è tutta un'altra cosa.
Le scarpe sono nello zaino e la tenuta d'ordinanza gli fa compagnia, mentre l'unico vestito "borghese" lo hai addosso ed è un segnale inequivocabile che i soli chilometri che percorrerai oggi sono quelli per arrivare alla stazione per prendere un treno e tornare a casa. La mattina dopo devi affrontare il fatto che il Cammino è finito, e non è un bel momento.
Non c'è differenza fra l'aver peregrinato una settimana o tre mesi, non è mai la distanza a regolare l'intensità delle emozioni: a gettarci nello sconforto è la coscienza di non essere più in quella dimensione e, torno a dire, non è un bel momento.

La tappa di ieri è stata lunga, calda di sole e appena piovosa sul finale ma comunque una bella tappa. Da Borgo a Mozzano si cammina lungo la Linea Gotica cavalcando la triste storia di un periodo buio, ma ci sono mille papaveri rossi a rincuorarci e anche un paio di ciuchini desiderosi d'affetto.
Perdiamo il sentiero in un lungofiume dalla  vegetazione ricca e ci ritroviamo davanti a un torrente impossibile da guadare. Siamo disattenti, già in preda all'euforia e allunghiamo un po' il chilometraggio giornaliero per tornare sulla strada maestra. Facciamo una piccola pausa in un bar al bivio per Valdottavo, poi affrontiamo l'ultima salita di questo cammino. È breve, su asfalto a tornanti, e ci porta nel piccolissimo borgo di S. Donato dove c'è una minuscola Pieve romanica miracolosamente aperta. Da li si scende fra olivete bellissime e si guadagna una strada quasi in disuso che ci porta dritti a Ponte a Moriano. Il tempo per un gelato e via, la ciclabile per Lucca ci aspetta. Sono gli ultimi chilometri di questa avventura, e li facciamo ridendo, scherzando e facendo gli scemi, com'è giusto che sia. 
In città ci attende il comitato d'accoglienza, amiche e amici venuti a festeggiare il nostro arrivo; dopo un paio di meritatissime birre e aver lasciato gli zaini a casa di Samantha, non possiamo non andare in duomo a omaggiare il Volto Santo, mettere l'ultimo timbro sulla credenziale e guardare il labirinto scolpito nel muro esterno della chiesa. Poi finalmente è doccia calda, aperitivo rosé e cena sostanziosa. 
L'euforia è ancora in piena attività ma le membra stanche fanno fatica a starle dietro e così si trova la via per andare a dormire. 
Ora che il treno mi sta riportando verso casa, avvolto come sono in quel sentimento di mancanza, mi sento di ringraziare dal profondo del cuore Samantha, per essere stata la paziente Masha di questo Orso brontolone, per aver condiviso con me pioggia, fango, freddo e fatica e soprattutto per la sua splendida amicizia che è la cosa più importante. Incroceremo nuovamente i nostri passi, ed è questa certezza a rendere meno frastornante il momento attuale. 
A tutti voi che ci avete seguito con curiosità e affetto un caldo abbraccio. Quest'avventura finisce qui; alla prossima.
Ultreya.



venerdì 4 maggio 2018

Il diavolo fece il ponte e vinse un maiale



Sono le sette di mattina e apro la finestra con la consapevolezza che oggi il clima sarà diverso; il sole e lì e ha iniziato a lottare contro le nuvole la sua guerra: combatte per prevalere, perché ci vuole bene e vuole darci nuovamente la possibilità di camminare asciutti. 

Oggi i chilometri sono quasi diciotto ma si scenderà verso il fondovalle, verso il corso del Serchio e verso un ponte famoso in tutto il mondo.

La prima parte della discesa è tutta su strada ma gli affacci sulle Apuane sono pazzeschi e la Pania Secca è la vera regina del paesaggio, isolata com'è, forte della sua altezza. 

Anni fa ne scalai la cima rimanendo insoddisfatto, a causa di una forte nebbia che non permetteva di vedere nulla al di fuori di sé stessa. Oggi la cima si staglia limpida fra le nuvole e il cielo azzurro e cerco di tornare con la fantasia a quel momento, immaginando di osservare l'orizzonte smisurato, di guardare il mondo intero sotto di me. 
Passiamo davanti a una bella chiesa e poi incontriamo il ponte, non quello famoso ma un suo parente più piccolo che scavalca un fiumiciattolo. È il ponte di Loppia e dopo averlo percorso, ci ritroviamo ad affrontare una ripida salita su un selciato viscidissimo; è come camminare sul ghiaccio, si rischia di cadere a faccia avanti per poi scivolare nuovamente a fondo valle e ripartire dal via. Riusciamo con qualche difficoltà a risalire verso Filecchio (dove bissiamo la colazione) e poi a Ponte all'Ania, Ma la sorpresa più bella è il borgo di Ghivizzano, piccolo, avvolto in un profumo di polenta e baccalà e pieno zeppo di gatti; il più socievole è sicuramente Bruno, simil certosino dalle lunghe zanne che prende Samantha come tutrice personale e la riempie di fusa e peli. 
Non manca molto a Borgo a Mozzano ma preferiamo evitare la salita a Rocca e tirare dritto sulla provinciale: Samantha deve tornare a Lucca per un turno di lavoro e i tempi per i treni sono un po' stretti. Ci prendiamo però il tempo per cavalcare il Ponte, quello famoso, quello della Maddalena, o del diavolo se preferite (la leggenda che riguarda lui e la costruzione del ponte è molto piu divertente).

Borgo a Mozzano è quasi tutta qui, appoggiata al suo ponte, quello storico, dove i pellegrini passavano per andare a Lucca e ricongiungersi alla Via Francigena e sentiamo di essere nel posto giusto, di appartenere in qualche modo a questo luogo.

Domani sarà l'ultima tappa, domani si chiude.


giovedì 3 maggio 2018

Non può piovere per sempre... o forse si



Quando guida e segnaletica divergono sai che devi aspettarti il peggio. Usciamo dal B&B e vediamo subito l'ormai familiare segno blu su un palo, e pur sapendo di dover seguire la strada provinciale, ci fidiamo della vernice e affrontiamo una delle salite più dure dell'intero Cammino. Prima su asfalto con pendenze da Mortirolo, poi su sterrata umida, e infine su sentiero, uno di quelli che affronta il bosco senza mezze misure. 
Castagni antropofagi,  foglie morte ma ancora tenaci, rami ghermitori e felci fetenti; tutto questo per duecento metri di dislivello lungo un sentiero articolatissimo ma fortunatamente ben segnato. 
Intanto ricomincia a piovere, e la mantella ci avvolge nuovamente con la sua scarsa traspirazione, rendendo l'ascesa più faticosa ancora. Quando risbuchiamo su strada e vediamo una macchina proviamo un improvviso moto di felicità che viene amplificato dalla visita a una piccola chiesa diroccata dedicata alla Maddalena proprio al di là dell'asfalto; è stato un monastero di suore, poi una Romira e ora il suo tetto è crollato e al suo interno rehgna la vegetazione, che riesce a regalare un brivido di vita ad alcune lapidi antiche. 
Il sentiero scende ripido alle sue spalle e sbuca in una fattoria da cui scende a Cascio, ennesimo piccolo e affascinante borgo di questa bella parte di Toscana. Siamo già a metà tappa e scendere fino a Gallicano è poca cosa; risalire sul lato opposto della vallata fino a Barga invece è tutta un'altra faccenda. 
Per un attimo torniamo a pendenze da gran premio della montagna poi la strada spiana e si ricollega alla direttissima per Barga, un paesino dal fascino palese, dotato di una cabina telefonica inglese, una di quelle rosse, dove hanno trovato casa tanti libri, che la gente può leggere e riportare, proprio come in una biblioteca vera e propria. 
La giornata si chiude con il sottoscritto ai fornelli nell'atto di preparare la Panissa, specialità iper calorica del vercellese che, visto il clima semi invernale, ci sta tutta. Mancano solo due tappe per arrivare a Lucca.


mercoledì 2 maggio 2018

La pioggia infinita e i quattro ponti.



E pioggia fu.
Quando mi affaccio alla finestra dell'ostello la nebbia di ieri è ancora al suo posto, solo che ora la pioggia è fitta e costante.
Oggi sii scende e basta, eccezion fatta per la salita alla Fortez:za delle Verrucole e serviranno 27 lunghi km per arrivare fino a Castelnuovo Grafagnana. 
Si va per prati e per boschi, su erba viscida, fanghiglia avvolgente e infidi sassi umidicci: tenersi in piedi non è così semplice. Più scendiamo e più le nuvole si alzano sulla nostra testa, rimanendo però del grigio usuale; alcune strisce più basse tagliano in due le montagne e il paesaggio per quanto cupo risulta di una bellezza incredibile. Quando arriviamo nei pressi di un vecchi mulino il primo ponte medievale, che cavalca un torrentello impetuoso, si mostra al nostro sguardo rapito. Per la prima volta faccio questa riflessione che mi si ripresenterà ad ogni incontro odierno con la bellezza: se questa tappa fosse stata camminata con il sole sarebbe stata tutta un'altra cosa. È un classico ponte a dorso d'asino, con il pavimento lastricato, ed è tipico della Garfagnana.
Il secondo che attraversiamo conduce a un paesino arroccato sull'altra sponda del torrente, ma prima di passare ci fermiamo per qualche minuto al riparo dalla pioggia in una cappella di roccia, giusto il tempo di sentirsi dire da una vecchia che stiamo sporcando. Inutile replicare che l'acqua non sporca e che al limite bagna, l'iraconda nonnetta non vuole sentire ragioni e continua a borbottare per poi allontanarsi. 
Il terzo ponte ci porta a Piazza di Serchio, dove ci rifugiamo sotto la tettoia di un bar, fortunatamente aperto. Togliamo le scarpe, strizziamo i calzini, facciamo asciugare i piedi ma tutto il resto resta bagnato, perché con la mantella ti ripari dell'acqua esteriore ma ti inzuppi dell'acqua interiore, fatta di condensa e sudore.
La salita alla Fortezza delle Verrucole è tutta in bosco e si fa seguendo il tracciato di una bella strada forestale, fangosa il giusto e a tratti impegnativa. Quando arriviamo in cima, la pioggia continua a scrosciare e la salita a visitare il bastione viene accantonata. La tappa è ancora lunga, siamo solo a metà e la fatica tipica della discesa si fa sentire; continuiamo il cammino e attraversiamo piccoli borghi, tratti di antiche strade lastricate e sentierini stretti e pieni d'acqua, ma la sorpresa più grande di oggi è proprio alle porte di Castelnuovo. È il quarto ponte, quello della Madonna, che riflette la sua gobba nelle acque tranquille di un piccolo lago, un luogo veramente magico. Arriviamo in paese dopo venti minuti, ma per arrivare all'accoglienza mancano ancora 3 km, che camminiamo ormai in stato di trance assoluta. Una doccia calda sa lenire tutti i mali ed è esattamente cio di cui abbiamo bisogno. La tappa piovosa è andata.


martedì 1 maggio 2018

Le salite e il ritorno di Cane Fabio



Oggi tappa stancante ma bellissima, però sul Monte Argenta la connessione è pari a zero quindi poche parole.
La prima salita è una di quelle che non fa sconti, sale dura, impervia e incolta e ti spezza le gambe solo a vederla. Migliora con il passare dei km ma resta sempre e comunque una salita. Però il bosco che la ospita e uno di quelli belli, e la fatica si attenua, anche grazie alle chiacchiere. Quando arriviamo al piccolo borgo di Torlago tutto cambia; due presenze appaiono a rallegrare la giornata e a rendere il cielo un po' meno grigio di quanto realmente sia: due cagnetti. Dapprima sono ostili, poi alla prima carezza si sciolgono come neve al sole: è amore a prima vista. Uno dei due decide che vuole rimanere con noi e ci accompagna baldanzoso per un paio di chilometri. Mi torna subito in mente Cane Fabio, il simpatico quadrupede che avevo quasi adottato sulla Via degli Abati e mi si stringe il corazon al ricordo. 
Questo è più piccolo e tracagnotto ma ispira tantissima simpatia e già mi ci sto affezionando quando lo vedo tornare di corsa, superarci e scappare a zampe levate verso casa. Guardo con apprensione il sentiero davanti a me e scorgo il posteriore di un capriolo infrattarsi velocemente: l'incontro fra i due non deve essere stato amichevole. 
Arriviamo in discesa a Reusa, una piccola sosta e via per la lunga salita finale. Si passa per Castiglioncello ma non c'è né il cacciucco, né il ponchino e tantomeno il mare. C'è da salire ancora verso Regnano Villa dove scegliamo la variante panoramica (+3,6 km), bella ma eterna, con le cime taglienti delle Apuane nascoste dalle nuvole. Ancora non piove ma è una lotta contro il tempo e la fatica comincia a farsi sentire. Quando siamo a un passo dalla meta succede una di quelle cose che non dovrebbero mai succedere, ma che di fatto succedono: allunghiamo di quattro inutili km, quattro e mezzo. Succede perché spesso su una mappa web i luoghi non sono esattamente dove poi sono nella realtà, ma come si dice: l'importante è arrivare. Dopo una dormita e una cena pantagruelica possiamo passare la tappa nel setore memoria considerandoci dei vincitori.