domenica 3 dicembre 2017


Ciao a tutti e bentrovati. Questo è un post breve per aggiornarvi sulle ultime novità; la prima e più importante è che il mio nuovo libro è finalmente uscito. "I giorni di Postumia" sarà disponibile in tutte le librerie e sui più importanti negozi on line dal 30 di novembre (che, guarda caso è anche il mio onomastico).
Il tour che accompagnerà questa nuova fatica letteraria è già iniziato e le date si stanno moltiplicando velocemente e questo non può che rendermi orgoglioso. Di seguito trovate la lista delle prime date, molte altre se ne stanno aggiungendo per cui se volete sapere se arriverò dalle vostre parti non dovete fare altro che rimanere sintonizzati.
Personalmente posso dirvi che il mio entusiasmo è alle stelle e che non vedo l'ora di incontrarvi tutti per raccontarvi di questo splendida avventura.
Buon Cammino a tutti!!!
Ven. 24 Novembre   Riese Pio X
Sab. 2 Dicembre      Pisa - L’orsa Minore
Dom. 3 Dicembre    Monterappoli - Circolo Arci
Mart. 5 Dicembre    Torrenieri - Circolo Arci in collaborazione con Ass. Scarpe Diem
Merc. 17 Gennaio    Castelfranco Veneto - Libreria Ubik
Giov. 18 Gennaio     Mestre - Biblioteca Civica Vez in collaborazione con Trekking Italia
Ven. 19 Gennaio      Pordenone - Libreria Quo Vadis
Sab. 20 Gennaio      Padova - Libreria Pangea
Merc. 24 Gennaio    Aquileia - Pro Loco
Giov. 25 Gennaio    Treviso - Libreria Canova
Ven. 26 Gennaio      Conegliano - Libreria Canova
Sab. 27 Gennaio      Udine - Libreria Odos
Ven. 2 Febbraio       Empoli - Libreria Rinascita
Merc. 21 Febbraio   Milano - Libreria Touring Club
Giov. 22 Febbraio   Torino - Libreria La Montagna
Vem. 23 Febbraio    Tortona - Libreria Namastè
Ven. 9 Marzo           La Spezia - Libreria Ricci
Sab. 10 Marzo         Lerici - Circolo Arci Borgata Marinara
Sab. 17 Marzo         Viareggio - Lettera 22

Vi aspetto!

giovedì 9 novembre 2017

Ultime notizie dalle Antiche Strade


Ciao a tutti e bentrovati.
La mia latitanza è imperdonabile, lo so, ma i miei ritmi hanno ricominciato a farsi frenetici e trovare il tempo per scrivere anche un semplice articolo per il blog può diventare complicato.
Dove eravamo rimasti? Ah si, al Cammino Materano e alla Via Flavia.
Tirando le somme di queste ultime due scarpinate posso dirvi che sono state due esperienze fantastiche, diverse fra loro eppure così simili, una vera manna per gli occhi, per la testa e per il mio cuore vagabondo.

I quattro giorni in Puglia mi hanno permesso di conoscere una parte dell’Italia che non conoscevo assolutamente; farlo avendo come guide tre ragazzi pieni di sana passione per il proprio territorio è stato un valore aggiunto. Angelo, Claudio e Lorenzo mi hanno parlato di storia, di botanica, di geologia e geografia, e, last but not least, di enogastronomia. Come dimenticare il Padre Peppe (nocino tipico della zona di Altamura), i deliziosi formaggi della Masseria Scalera (un luogo di grande accoglienza), la pignatta (ciotola di coccio contenente stufato di pecora e coperta da una pizza) mangiata a Matera. E poi i Trulli, la steppa murgiana, i fichi presi dagli alberi, il finocchietto selvatico, le gravine e tutto il resto. Mi sono ripromesso di tornarci in un futuro prossimo, per il Cammino e per rivedere i miei nuovi amici.


La Via Flavia è stata altrettanto ricca, per tanti motivi. Il primo è sicuramente l’allegra presenza, durante i cinque giorni di Cammino, di Gregorio, amico di vecchia data, scomparso e poi ritrovato, che voleva a tutti i costi provare a fare un’esperienza di questo genere. Il secondo è la bellezza profonda della costa del Friuli Venezia Giulia, del suo splendido mare e della sua gente. Renato Cavaliere, artefice del Cammino, ci ha regalato se stesso per la prima tappa e soprattutto ha fatto si che potessimo camminare insieme alle Mule di Monfalcone (Vivi, Mirella, Dolly e Cristina). Ho imparato tanto da questi giorni bellissimi: ho scoperto cos’è l’Osmiza (cin cin), ho visto una trincea didattica (brividoni), e soprattutto ho assaggiato il Pelinkovac, un superbo digestivo che non è proprio friulano, bensì balcanico, ma che qui è dilagato senza pietà, e ne siamo tutti molto contenti.


L’inverno si avvicina con le sue piogge, i suoi freddi e tutto il resto ma molte novità bollono in pentola insieme a zuppe e risotti.
La prima è che il nuovo libro “I giorni di Postumia” sta per uscire; manca veramente poco, roba di giorni, ed io sono eccitatissimo. Il Cammino della scorsa estate, 932 km. da Aquileia a Genova lungo la Via Postumia, rivive fra le pagine di questo volume pieno di storie, aneddoti, emozioni e farcito dalle incursioni di un bizzarro alter ego in armatura. Ma non voglio svelarvi troppo, gli spoiler sono una calamità naturale; verrò in molte città e paesi d’Italia a parlarne e lo saprete per tempo: date, luoghi, orari ecc. ecc.
Nel frattempo… nel frattempo non mi fermo mai: la prossima settimana (dal 16 al 23) su Note, settimanale delle Ferrovie dello Stato per pendolari e viaggiatori, uscirà un mio mini racconto intitolato Mach 5; non ha nulla a che vedere con i pellegrini e tutto il resto ma parla, in qualche modo, di lentezza. Non ve lo perdete, lo trovate nelle più importanti stazioni, generalmente alle biglietterie.


Sto lavorando alla revisione del nuovo romanzo (in uscita il prossimo anno) ed è un po’ come riscriverlo da capo; ho appena finito la seconda e domani inizierò la terza, sperando sia l’ultima… ma noi perfezionisti siamo una tragedia.

Infine posso dirvi che il prossimo maggio, un mese che adesso sembra così lontano, sarò nuovamente in Cammino, un itinerario bellissimo da…
Mi sa che, come da tradizione, lo saprete solo all’ultimo.

Vi voglio bene; buon Cammino a tutti.


sabato 30 settembre 2017

Sul Carso, fra le trincee con le Mule

Terza tappa, Duino - Monfalcone, 13 km

Potreste pensare che una tappa breve abbia poco da raccontare, ma se avete la compagnia giusta anche un singolo chilometro può essere ricchissimo. Oggi è stato così.
La cronaca.
Incontriamo Mirella, Vivi, Dolly e Cristina, le Mule di Monfalcone, esattamente dove avevamo lasciato il sentiero ieri; poche centinaia di metri e arriviamo a S. Giovanni in tuba, splendida chiesa romanica che, al suo interno, ospita i resti delle mura dell'antica cappella  longobarda. C'è dell'acqua per terra, perché questo è pur sempre un luogo di risorgive e l'acqua risorge ovunque. Appena fuori dalla chiesa, per esempio, da uno sperone di roccia, esce il Timavo, fiume carsico che nasce e sparisce in Slovenia per riapparire proprio qui, dopo un lungo e buio passaggio sotterraneo.


Bisogna fare un lungo tratto di asfalto, poco piacevole come tutti i suoi slimili,i ma poi per fortuna si torna a camminare nel bosco e ci si immerge nel Carso, dove tutto torna spettacolare. Ad attenderci ci sono le trincee della prima guerra mondiale, strappate alla fitta vegetazione e restituite alla popolazione; sono lì come testimonianza dell'orrore della guerra e come monto a non ricadere in verti errori. Camminarci dentro fa venire i brividi, così come il pensiero dei tanti ragazzi che ci hanno vissuto e combattuto, spesso senza fare ritorno a casa.

La tappa successiva è la rocca di Monfalcone, candido bastione che da un'alta collina domina la città. Le Mule ne approfittano per cantarci la sua canzone e poi tutti giù, verso la piazza centrale, un tempo bellissima e ora ridotta a una spianata in pietra. 
È il momento del ritual: birra fresca,  stuzzichini e tante chiacchiere in.allegria. 
Rimangono gli ultimi due chilometri da fare e le Mule ci scortano fino all'accoglienza raccontandoci del gigantesco cantiere navale, della sua storia e del quartiere costruito apposta per operai e dirigenti.
Ora, io le grandi navi non le sopporto, soprattutto quando le vedo sfilare nella mia amata Venezia, e vedere una città completamente votata (e soggiogata) da questi condomini natanti mi mette tristezza.
Dopo una sana doccia e un po' di riposo usciamo per andare a fare una passeggiata lungo il mare e goderci un tramonto di rara bellezza, funestato solo da agguerriti stormi di zanzare antropofaghe pronte a tutto per cibarsi del nostro sangue. 
La cena di pesce che segue è di quelle da ricordare, così come il calore dei proprietari dell'accoglienza e possiamo alfine andare a dormire felici e soddisfatti.
Grazie Mule, è stata una bellissima giornata.



venerdì 29 settembre 2017

Seguendo il mare, metro dopo metro


Seconda tappa, da Trieste a Duino, 24 km.


Tappa sorprendente quella di oggi, un lungo alternarsi di sentieri e strade con un comune denominatore: il mare.
Ma andiamo con ordine.
Trieste è flagellata da un forte vento freddo, non la famosissima bora (dio ce ne scampii), più un borino, suo fratello minore sia per velocità che per gradazione. Il mare si increspa e le barche ormeggiate ondeggiano all'unisono scatenando la cacofonia tipica di cime, alberi, e tutte le altre parti che compongono la struttura che sorregge le vele. 
Attraversiamo la città costeggiando la ferrovia lungo una ciclabile, e per un po' la vista non e un granché, ma quando arriviamo a Barcola il mare si mostra nuovamente ed è un incontro ravvicinato bellissimo e duraturo, almeno fino al Castello di Miramare, primo punto tappa.

È un luogo magico, a picco sul mare e circondato, alle spalle da un grande parco pieno di vialetti e stradine. Facciamo una sosta ed è qui che, ahimè, mi accorgo di aver perso la mia mascotte, l'asinello di peluche che avevo trovato sul Cammino Materano. Non so come è potuto succedere ma so che mi dispiace molto perché mi ci ero già affezionato.
Ripartiamo in salita e, dopo aver sotto-passato la ferrovia, cominciamo a camminare su un largo sentiero panoramico con gli occhi che spaziano liberi sull'enorme distesa di acqua alla nostra sinistra, ed è pura gioia. La natura è rigogliosa, le contorte silhouette dei pini si stagliano nitide contro l'azzurro del cielo e i fiori gialli del topinambur fanno da rafforzativo a tanta bellezza; incontriamo anche un albero di corbezzolo gravido di frutti, e alcuni finiscono inevitabilmente fra le nostre fauci voraci. 

Si continua così per un po', poi, ad un incrocio prendiamo il sentiero dei pescatori e poi quello della salvia, impervio e ardito ma dal fascino esagerato. È lui che ci porta fino a Sistiana, dove mettiamo il timbro sulla credenziale nel locale ufficio turistico; da lì in poi si cammina lungo il sentiero Rilke, più docile e panoramico, che, passando sopra il castello di Duino, ci porta dolcemente fino al villaggio dei pescatori, punto di arrivo della tappa.
Solo altre due righe per dirvi che se eravamo soddisfatti della tappa, la cena alla Cooperativa dei pescatori ha alzato ulteriormente il nostro livello di godimento.
Una giornata bella, bellissima, impossibile da dimenticare.

mercoledì 27 settembre 2017

L'Osmiza, la frasca e il mare dall'alto


Prima tappa, da Muggia a Trieste, 24 km

Poche parole per raccontarvi la tappa di oggi, la prima della Via Flavia.
Iniziamo col dire che siamo partiti col botto, per la presenza di Renato Cavaliere, ideatore della via Flavia, che ha avuto il buon cuore di camminare mezza tappa con noi.
La tappa è iniziata a Muggia e si è conclusa dopo circa 24 km nella splendida Trieste.
Si Inizia in salita, per guadagnare quota e aggirare, in alto, la zona industriale e il centro di stoccaggio dell'oleodotto.
Si attraversano boschi meravigliosi, si passa per un biotopo formato da cinque splendidi laghetti pieni di tartarughe e si attraversano piccoli paesini come Dolina e Bagnoli. È qui che Renato ci lascia, non dopo averci offerto una birra fresca e averci promesso di fare un aperitivo con noi a Trieste più tardi.

Ci rimettiamo in cammino e dopo nemmeno un chilometro dobbiamo fermarci nuovamente. È il tempo dell'Osmiza, quello che noi a Roma chiamavamo la fraschetta: le frecce rosse con appesa una frasca appunto, indicano l'ingresso di una casa con giardino dove un produttore di vino, per una settimana all'anno, può vendere il suo vino insieme a formaggi, salumi e il famoso uovo sodo. Un quartino di bianco non ce lo leva nessuno e ripartire, in salita, per guadagnare la ciclabile risulta un'impresa titanica.

La vista sul mare è bellissima e la pista scorre sul tracciato di una vecchia ferrovia . In costante discesa, e con l'attraversamento di una galleria (illuminata) ci porta dritti dritti in città. Trieste è un sogno, ogni volta che ci vengo ho un tuffo al cuore, e oggi non fa eccezione. Dopo il meritato riposo all'ostello ci incontriamo nuovamente con Renato, e ceniamo ascoltando i suoi racconti sulla Barcolana, la regata enorme, che si svolgerà la prossima settimana. Gregorio se l'è cavata benissimo e, a parte qualche acciacco al polpaccio, è entusiasta di questa avventura, esattamente come me.
Saludos amigos.

venerdì 22 settembre 2017

La tappa dura e l'agognata meta

Quarta tappa, da Picciano a Matera, 28 bloody km.


Conquistare una città, guadagnarsela, è una gioia che noi pellegrini e camminatori conosciamo bene; la fatica, il sudore, i muscoli dolenti, le labbra secche che reclamano acqua, sono tutti i pezzi di un colorito puzzle che si chiama Cammino che è, per molte persone, una vera linfa vitale. Arrivare oggi a Matera dopo una tappa lunga, segnata da sole a picco, tanto caldo e larghi spazi desolati è stata veramente dura, soprattutto gli ultimi  chilometri tutti in salita,ma questo ha reso l'affaccio sulla Gravina di Matera e sui Sassi ancora più spettacolare e intenso.
È vero, ora sono sul letto dell'ostello che faccio fatica a mettere giù i pensieri, le tante riflessioni emerse durante la giornata, una giornata in cui il gruppo dei magnifici sei si è più volte sfilacciato per ricongiungersi nel più classico dei cammini ad elasticum. 

Sarò quindi breve dicendovi che il paesaggio è stato una pugnalata di bellezza al cuore, che le gravine saranno un solco indelebile nella mia memoria e che Angelo, Claudio e Lorenzo sono gli amici che vorresti incontrare sempre.
Esco da questa esperienza con la Puglia nell'anima: i suoi colori, i suoi odori, i suoi sapori sono stato il valore aggiunto di questa memorabile quattro giorni. Il Cammino Materano mi aspetta per una conoscenza più approfondita, e io non lascerò passare troppo tempo.
A presto !!!



giovedì 21 settembre 2017

Wild Murgia, la steppa, gli odori e i sapori


Terza tappa: da Santeramo a Altamura, 25 allegri km.

I primi chilometri della tappa odierna non sono piacevoli, non per il paesaggio, che rimane meraviglioso, ma per l'inciviltà delle persone, almeno di alcune, di quelle che che non riescono proprio a vedere il territorio in cui vivono diversamente da una discarica.
Televisori, frigoriferi, un numero esagerato di tazze del cesso, e, la cosa peggiore, ondulati di amianto in quantità industriale. Se questa gente non riesce a capire che alcuni materiali, con il passare del tempo e l'azione atmosferica, tendono a polverizzarsi e a permeare il terreno in maniera irrimediabile di veleno, siamo messi veramente male. Ci vorrebbero controlli, pene severe e tolleranza zero per questi esseri che proprio non si possono definire umani.
Ma oggi, come dice il titolo di questo post, è la tappa della steppa, degli odori e dei sapori e io voglio cominciare parlandovi degli odori. Si cammina con l'olfatto sempre in iperattività, perché qui crescono, spontanee, alcune piante fra le più aromatiche al mondo: l'origano in primis, il timo in se undis e per il gran finale il finocchietto selvatico, vera delizia degli sniffatori seriali.
La prima parte della tappa si snoda fra campi di ulivi, terreni agricoli e i soliti muretti a secco: vera regina del paesaggio è la Ferula, una pianta dal legno leggero ma resistentissimo, che aveva i più svariati utilizzi: se ne ricavavano sgabelli per i contadini, pastorali per i preti e perfino la famosissima fiamma olimpica dei tedofori.

Il sentiero è segnato benissimo e si cammina veloci anche se ogni tanto, qua e là, un cartello misteriosamente cade e un sasso con una freccia gialla finisce inspiegabilmente dall'altro lato della strada, in un cespuglio: che siano gli stessi che scaricano l'amianto a fare questi stupidi scherzetti? Possibile, anzi, assai probabile, del resto le persone che camminano hanno anche il dono di controllare il territorio e questo sicuramente a qualcuno non va giù.
Eppure siamo in un parco nazionale, quello dell'Alta Murgia, che, comprendendo tutte le zone protette limitrofe lo fa diventare
il secondo in Italia per estensione, ma evidentemente le statistiche non ci aiutano.

Continuiamo a camminare tranquillamente e all'improvviso il terreno davanti a noi scende ripido verso una enorme piana inabitata: ci siamo, la steppa si apre enorme davanti ai nostri occhi: la Wild Murgia è qui, .in tutto il suo splendore, Restiamo su questo balcone naturale un po', perché certi spettacoli hanno bisogno di tempo per essere osservati a dovere, poi iniziamo a scendere.
Per farlo passiamo per una Gravinella, solella minore delle Gravine tipiche del tarantino (non Quentin). Trattasi di piccolo canyon creato dall'erosione delle acque, una sorta di U di rocce piena di piante dai bei colori autunnali, fiori di zafferanastro e arbusti con bacche di tutti i colori: veramente un posto spettacolare. Quando arriviamo in fondo, cominciamo a seguire vecchi sterrati e strade di campagna che regalano scorci fantastici in tutte le direzioni. Ma la direzione giusta è una sola, quella che porta alla Masseria Scalera.

Sono Vito e sua figlia ad accoglierci in questo angolo di paradiso dove gli animali vi ono sereni e dove  i formaggi la fanno da padrone. Viene allestito un banchetto in nostro onore e mentre Vito inizia a raccontarci della sua fattoria e dei suoi prodotti, arriva Giovanni, vera anima e memoria storica di Altamura.
Il baccanale ha inizio e dopo pane, formaggi e vino locale c'è anche spazio per un bicchiere di Padre Peppe, il prezioso elisir di noci di Altamura, in parole povere il Nocino. Solo che qui ogni famiglia ha la sua ricetta, fatta di piccoli ingredienti segreto che vengono tramandati solo ad alcuni componenti della famiglia stessa
per permetterne la sopravvivenza 
Padre Peppe era il nome di un frate di Altamura che per primo trascrisse la preziosa ricetta.

Le due ore abbondanti che mancano per arrivare a fine tappa si svolgono così in un'atmosfera surreale,il gruppo si sfilaccia, e personalmente scatto centinaia di foto alle meravigliose geometrie agricole, e alle poche piante affioranti qua e là dalla spoglia steppa Murgiana. 
Ci ricompattiamo per visitare una chiesa ipogea dove sopravvivono ancora degli affreschi antichissimi e per farci raccontare della strada medievale che portava ad Altamura, visibilissima e riconoscibile dai solchi lasciati dai carri. Manca pochissimo alla meta, e quando entriamo in città la sorpresa è grandissima. Il centro storico è un gioiello: fu costruita da Federico II, un uomo illuminato,un vero rivoluzionario, che la volle dividere in quattro quarti, ognuno per un credo religioso diverso,: cristiani, ebrei, arabi e greci ortodossi. Le persone vivevano in totale armonia e i matrimoni misti erano all'ordine del giorno. Federico fu l'unico a concludere una crociata senza alcuno spargimento di sangue ma con un accordo con il sultano e per questo si beccò una delle cinque scomuniche. La cattedrale di Altamura', l'unica costruita dall'imperatore saggio, è meravigliosa e piena di simboli pagani, come una grossa testa del dio Giano, quello bifronte, che si trovava sulla punta del tetto che sormontava l'ingresso. Inutile dire che alla sua morte la chiesa distrisse l'armonia di questo luogo cacciando i saraceni e  gli ebtei che non si volevano convertire e soggiogando i greci ortodossi. Cambiarono addirittura l'ingresso alla cattedrale, da davanti a dietro. 
Insomma un luogo e soprattutto una persona da conoscere più approfonditamente.


Sulla cena stendo un velo pietoso ma posso dirvi che è stato un baccanale che si è svolto in uno dei locali più belli e coloriti in cui io abbia mai mangiato, il Pein Assut dove il Padre Peppe scorre a fiumi. 
Domani è, ahimè, l'ultima tappa e si arriverà a Matera, ma ve lo racconterò domani.
Saludos amigos.

mercoledì 20 settembre 2017

Le Murge, i boschi ricchi e mamma quercia


Seconda tappa, da Cassano delle Murge a Santerano in Colle, 22 km.

Iniziare con una buona colazione, non mi stancherò mai di dirlo, è importantissimo; quando la colazione la fai in un agriturismo speciale come il Pantalone, puoi star sicuro di vivere un'esperienza, fatta di prodotti a km 0, di marmellate e biscotti fatti in casa e di piccoli frutti dimenticati dall'affascinante nome di Azzeruole.
Il sentiero parte da Cassano catapultandoci immediatamente nel parco delle Murge e inoltrandosi quasi subito in una zona di fitta vegetazione nota come Bosco di Mesola. Ora, io di botanica ne mastico poco e notoriamente ho anche il pollice nero (ciò che pianto inevitabilmente muore) ma oggi ho la fortuna di avere con me Lorenzo, che invece è un pozzo di scienza. Le sue descrizioni, puntuali e dettagliate, rendono giustizia a questa zona e me la fanno apprezzare molto di piu. Gli alberi che arricchiscono l'area hanno nomi antichi e altisonanti: roverella,  fragno,, fustaie di Pino d'Aleppo, per nominarne solo.alcuni. Poi ci sono gli arbusti, quelli tipici della macchia mediterranea come il lentischio, la ginestra, il cisto marittimo, la quercia spinosa, il meraviglioso corbezzolo, oltre al mirto, il mio adorato biancospino, e il pruno spinoso con i suoi piccoli frutti di un bel colore viola blu. Tante sono le curiosità che Lorenzo snocciola mano a mano che passano i chilometri e la sua conoscenza della vegetazione locale  è una vera manna per le orecchie, soprattutto per chi, come me, ha sempre pensato alla quercia solamente come un gran bel albero. Lasciate però che vi riveli un segreto: di tutte le piante che abbiamo visto oggi, quello che di più ci ha soddisfatto è stato, anche oggi, il fico vulgaris. Frutti deliziosi ci hanno dato conforto per tutta la durata della tappa e non possiamo che esserne felici: gaudemus.

Ogni tanto il bosco si dirada aprendosi in piccole radure il che ci dà modo di osservare affiatate coppie di poiane compiere i loro larghi giri nel cielo in cerca di cibo sulla terra.
Arriviamo ad una vecchia masseria datata 1600 ora trasformata in agriturismo, uno bello, pieno di animali, alberi da frutta e gestito da un omone simpatico che, dopo aver dispensato caffè e succhi di frutta autoprodotti buoni da far paura, ci porta a fare un giro nella sua azienda sotto lo sguardo curioso di tanti asinelli e sotto quello protettivo di un docilissimo pastore abruzzese, canide enorme.
Appena fuori dalla struttura principale, in un largo recinto di muri a secco, maiali e cinghiali vivono insieme in perfetta armonia, dando origine ad una simpatica e numerosa prole ibrida.
Ci infiliamo nuovamente nel bosco, seguendo un sentiero fiancheggiato da rigogliosi ciclamini e dagli sgargianti fiori gialli dello zafferano selvatico; io trovo il tempo di dare un lungo abbraccio ad un grosso albero materno, mamma quercia, ed è uno di quei momenti energetici che sanno scuoterti nel profondo.

Quando lasciamo definitivamente il bosco siamo più o meno a metà tappa. Il cielo tende a coprirsi ma le nuvole, spinte dal gran vento non sembrano ancora volersi ammassare, alla faccia del meteo.
Ci muoviamo fra sterrati e minuscole stradine di campagna, ricche di silenzio e prodighe di panorami mozzafiato.
Facciamo una piccola sosta in cui consumiamo un po' delle piccole prugne che sono il nostro pranzo e poi ripartiamo.
Passiamo davanti ad un grosso parco attrezzato chiamato Il Parco dei Briganti, pieno di giochi avventurosi fra cui l'immancabile ponte tibetano, e il nome del luogo stimola il buon Claudio a raccontarci del fenomeno del brigantaggio in Puglia, una cosa che raggiunse il suo apice a cavallo dell'unità d'Italia e il cui principale protagonista fu tale Vito Servodio che trovò la morte per mano dei carabinieri proprio a due passi dal luogo dove abbiamo dormito ieri notte. 
Il sentiero che percorriamo, stretto fra due muri a secco, è proprio il tipico esempio delle vie che usavano i briganti per spostarsi nel territorio. I muri però non sono quelli bassi incontrati finora, sono alti ed hanno come una piccola tettoia sporgente: erano i cosiddetti muri anti lupo, costruiti in questo modo per impedire agli animali affamati di scavalcarli e di depredare le greggi.
Facciamo ancora pochi passi e la pioggia, a lungo paventata, decide infine di cadere, ma lo fa solo per pochi minuti, quelli che servono a me per tirare fuori dallo zaino la mantella e trasformarmi nuovamente nel mitologico Gnomone Blu della Val di Susa. È un'apparizione veloce, torno subito normale e, insieme alla combriccola, mi avvio per gli ultimi quattro chilometri di questa bella tappa.

Ci addentriamo nella bellissima Pineta Galietti che prende il nome dalla masseria settecentesca che sorge al suo interno ed è qui, proprio sul filo di lana, che Lorenzo trova alfine la sua orchidea selvatica: la cercava da stamattina e ora che l'ha trovata è felicissimo. La Puglia è la regione numero uno in Italia per la presenza di orchidee e noi rimaniamo ad osservare questo tenero virgulto con un misto di stupore e meraviglia. 
Quando usciamo dalla pineta entriamo in paese e chiudiamo infine la tappa, celebrando la tappa con un giro di birre...anzi due. 
Domani si arriva ad Altamura atteaverso la steppa murgiana per cui rimanete sintonizzati. 
Hasta siempre.

martedì 19 settembre 2017

I trulli, Pirro e gli ulivi secolari

Via Ellenica, da Locorotondo ad Alberobello, 24 km.

Cominciamo col dire che Locorotondo è un puro gioiello pugliese, un anello d'oro bianco adagiato da una mano sapiente sulla cima di una collina. Se ci si affaccia dal uno dei suoi belvedere si gode di una bellissima vista sulla campagna che la circonda, dove il verde degli olivi e il rosso della terra ferrosa sono interrotti dalla preziosa presenza di quelle costruzioni che saranno il meraviglioso leitmotiv della giornata: i trulli. 
Locorotondo vuol dire luogo rotondo e il nome gli calza a pennello visto la circolarità della sua essenza; i suoi muri candidi,le luminarie delle feste, e la pietra, vera cera nelle mani dei costruttori che si sono alternati in questo territorio nel corso dei secoli.
Usciamo dal paese dopo aver messo il timbro sulla credenziale nella Pro loco gestita da un uomo che ama profondamente il suo territorio: Pinuccio. Ci si potrebbe parlare per ore, ascoltare tutte le sue storie ma il Cammino chiama, bisogna mettersi in moto.
Siamo in tre a partire, io, Andrea Manni (giornalista della Gazzetta) e Angelo, uno dei ragazzi di In Itinere, l'Associazione che ha creato e segue questo percorso e che ci ospita in questa quattro giorni.
Ci incamminiamo e dopo una quindicina di minuti siamo fuori dal paese ed inizia la meraviglia. Io i trulli li ho visti sempre e solo in foto e trovarmeli davanti così, senza preavviso e senza mezze misure tira prepotentemente fuori il fanciullo che è in me. Il fatto è che vorrei visitarli tutti, quelli ristrutturati e quelli che sono ancora dei ruderi ma mi devo accontentare di ammirarli da fuori.
Sono costituiti da una struttura a tholos, una forma che è stata ereditata dalla forte presenza greca in questo territorio nei secoli passati (e tuttora). Sulla cima del cono rovesciato c'è un simbolo detto pennacchio, che può essere delle forme più disparate (una sfera, una stella) a seconda del valore che la famiglia che abita il trullo vuole trasmettere attraverso esso, che sia protezione dal malocchio, fede profonda o quant'altro.

Si cammina così per una decina di chilometri, fra uliveti meravigliosi divisi da muretti a secco, vigne di tutti i tipi e tanti, tantissimi alberi di fichi. Ne rubiamo qualcuno, uno qua, uno là, per una questione di par condicio. 
Lorenzo ci aspetta, con la macchina appoggio, al limitare di un gruppo di case e ci da la frutta che sarà il nostro pranzo: una pesca e l'inevitabile, preziosissima banana.
Insieme alla frutta, ci regala anche Claudio, un altro componente di In Itinere che come suoneria del cellulare ha London's Calling dei Clash e mi sta subito simpatico.
Il paesaggio cambia quando ci si infila sul sentiero che segue l'acquedotto pugliese, i suoi ponti e che in costa aggira tutta la collina e porta ad una grossa depressione carsica nota con il nome di Canale di Pirro. Ora, che il celebre condottiero sia passato di qua è improbabile, il nome deriva piu probabilmente dalle pire, antiche cisterne per l'acqua piovana un tempo presenti in questa parte del territorio.


Si intravede già Alberobello in lontananza ma mancano ancora sette chilometri che percorriamo, inevitabilmente, con meno verve e con conversazioni rarefatte. Lo scenario è di nuovo quello degli ulivi e della terra rossa e quando alla fine arriviamo a destinazione siamo un po' stanchi, ma il paese è il tripudio del trullo e, nonostante sia invaso dai turisti e ci siano forse troppi negozi di souvenir, ha un fascino pazzesco. 
La tappa è finita, è ora di sedersi al tavolino di un bar e di bersi una sana birra.
Come prima tappa direi che siamo su un punteggio stellare, da tutti i punti di vista, e io non vedo l'ora che sia domani.
Saludos amigos.

sabato 9 settembre 2017

Le novità di adesso (e quelle del prossimo futuro)

Ieri è stata per me una giornata importante, una di quelle in cui si diventa improvvisamente radiosi, in cui tutto sembra scorrere, senza sforzo, nella direzione giusta.
Sono tornato a Roma per consegnare I giorni di Postumia, il mio nuovo diario di viaggio, alle Edizioni dei Cammini e così facendo ho firmato il mio terzo contratto editoriale. 
Il giorno in cui firmai il primo per le Edizioni Spartaco sembra perdersi ormai nella notte dei tempi ed invece sono passati solo tre anni e mezzo, un lasso di tempo in cui è successo di tutto e in cui la mia vita ha sterzato bruscamente, ma questo probabilmente lo sapete.
Il libro dovrebbe uscire a breve, presumibilmente ai primi di novembre e sarà seguito da un nuovo lunghissimo tour che mi trasformerà nuovamente in una pallina da flipper e mi porterà in tantissime librerie, circoli, biblioteche e altri luoghi dove potrò incontrare nuove persone, pellegrini e non, e raccontare una nuova avventura. Sarà anche un ottimo modo di far conoscere ancor di più la Via Postumia, un Cammino nuovo e affascinante, che a me ha regalato sensazioni bellissime che voglio condividere con chi avrà la voglia di farsi incuriosire.
Sono felice, l'ho detto, ma il libro non è la sola ragione, c'è qualcos'altro a farmi brillare: mi è stato chiesto di diventare un collaboratore della direzione editoriale ed io ho accettato, e ne sono strafelice. La direzione che ho preso un paio di anni fa comincia a dare i suoi frutti e questo mi inorgoglisce non poco. Non sarà una cosa semplice, dovrò leggere i manoscritti che arriveranno nei prossimi mesi, trovarne altri in maniera autonoma e valutarne le potenzialità (anche se la parola finale spetterà sempre alla casa editrice).  
Tanta roba, direte voi, ma c'è dell'altro. 


Sono finalmente arrivati i biglietti aerei per Bari; il 18 settembre inizierà questa nuova avventura lungo il Cammino Materano, quattro giorni intensi alla scoperta di un territorio bellissimo, pieno di storia e paesaggi affascinanti. 
Quattro saranno le tappe che percorrerò in compagnia di chi segue e cura questa Via:
1 - Cassano delle Murge - Santeramo
2 - Santeramo - Altamura
3 - Locorotondo - Alberobello
4 - Martinafranca - Crispiano
Si camminerà lungo antichi tratturi, sentieri e strade medievali in un percorso di grande valore  storico, paesaggistico e naturalistico.
Qui sul blog vi racconterò ogni tappa e anche Radio Francigena sarà della partita con i suoi collegamenti giornalieri. Mi aspetto tantissimo da questi quattro giorni e non vedo l'ora di partire. 

Il 23 tornerò a Venezia e lunedì 25 andrò a Trento per partecipare a IT.A.CÀ Festival (itinerante) del Turismo Responsabile. L'appuntamento è per le 18,00 presso la Booktique di Via Torre d'Augusto 29, dove presenterò il libro sulla Via Francigena. L'evento è organizzato dall'Associazione TassoBarbasso.

Per concludere questo piccolo calendario, il 26 settembre raggiungerò il mio amico Gregorio a Mestre e faremo rotta verso Muggia, al confine con la Slovenia e da lì ci muoveremo lungo tutta la costa friulana per raggiungere, passando per Trieste, Monfalcone e Grado, Aquileia. È la Via Flavia, collegamento ideale con la Via Postumia (e quindi con il Cammino di Santiago) per chi viene dai Balcani; saranno cinque giorni intensi in una terra che amo tanto e con un buon amico che ha voglia di sperimentare cosa vuol dire essere in Cammino.

Insomma, c'è tantissima carne al fuoco, una vera e propria grigliata mista direi, ma molte altre cose bollono in pentola e tutto ciò che c'è da sapere lo leggerete qui. Stay tuned.




mercoledì 23 agosto 2017

Lagolandia 2017





Succede, a volte, che alcune manifestazioni non abbiano la visibilità che meriterebbero, e rischino di passare inosservate nonostante offrano programmi ricchissimi di eventi e iniziative studiati per accontentare i gusti più diversi.
È un po' il caso di Lagolandia, una manifestazione giovane, giunta quest’anno alla sua quarta edizione, che si articola in tre fine settimana estivi a cavallo fra giugno e agosto; si svolge nella meravigliosa cornice dell’Appennino Bolognese della Val di Setta, in una zona ricca di laghi e laghetti, dove il paesaggio, i boschi, l’aria pulita, l’accoglienza, e, non ultima, la buona cucina, hanno ancora un significato profondo. A organizzarla è un gruppo di ragazzi intraprendenti, pieni d’idee e soprattutto molto legati al territorio, che, con l’aiuto di alcuni partner sostenitori, creano il programma della manifestazione e seguono, tutto l’anno, il progetto in ogni suo dettaglio.
 

Ho avuto il grande onore di essere invitato, lo scorso week end, a partecipare all’ultimo dei tre appuntamenti di questa edizione, che prevedeva, come campo base delle attività diurne, lo specchio d’acqua di Santa Maria, un invaso artificiale in mezzo ai monti, e il vivace paese di Castiglione dei Pepoli come luogo preposto alle attività tardo pomeridiane e serali.
E proprio a Castiglione, presso i bei locali dell’Associazione Culturale Officina15 si è svolta la presentazione del mio libro sulla Via Francigena, cui ha fatto seguito un aperitivo sonorizzato da un bellissimo DJ Set.


A chiudere in bellezza la serata, è stato il trio di Jimmy Villotti, storica sei corde di Paolo Conte e di molti altri artisti nazionali ed internazionali; ha letteralmente deliziato i presenti con alcuni fra i più famosi standard jazz, perché Jimmy non è solo un gran musicista, è soprattutto uno splendido settantatreenne che davanti al suo pubblico sa dare tutto se stesso: il palco ha questo dono prezioso, appena sali le scalette e entri nei coni colorati delle luci,  ti cancella l’età.


Fin dalla domenica mattina il campo base sulle rive dell’invaso di Santa Maria, ha visto svolgersi tanti laboratori creativi e attività varie: dallo yoga a bordo lago, alle lezioni di interior design a base botanica. Molti i percorsi che hanno potuto vivere i numerosi partecipanti, da quello ambientale, alla scoperta del vivaio forestale delle Cottede, a quello architettonico, dedicato alla visita della Rocchetta Mattei , un castello sorprendente, ricco di simboli esoterici e di misticismo.
Per quel che mi riguarda ho avuto il piacere di accompagnare un gruppo lungo il Percorso Viaggiante, sei chilometri di interpoderale attraverso un bosco bellissimo, fino al lago di Tavianella.
È stato un’ottima occasione per parlare, durante le soste, di Cammini, di Strade, e di esperienze, ma è anche stato il modo di raccontare aneddoti, strappare qualche risata e dispensare consigli preziosi.


La giornata si è conclusa con Zucarein senza frontiere, ovvero la storia del più famoso biscotto montanaro, attraverso le ricette, gli aneddoti, e la graditissima degustazione finale: il più dolce dei modi per chiudere un fine settimana fantastico. 
Un ringraziamento speciale a tutti coloro che, con il loro impegno e la loro dedizione portano avanti il loro progetto, il loro sogno. Siete stati degli ospiti fantastici. Grazie mille, di cuore.

Ci vediamo a Lagolandia 2018