mercoledì 28 settembre 2016

Stroncato a Stroncone (e vai con la sigla)


Quattordicesima tappa: Collescipoli -Stroncone, di fatto 15 km.
Canzone del giorno: Whole of the moon dei Waterboys.

C'è sempre una tappa storta, in cui le cose non vanno come dovrebbero, in cui piccoli cataclismi si sommano e fanno massa, mandando tutto in vacca. Bene, quella di oggi è stata la madre di tutte le tappe storte.
Comincio col dire che il presentimento aleggiava già da un paio di giorni e io ai presentimenti ci credo. Vado con ordine e vi do la fredda cronaca.
Il sentiero perde la sua segnaletica proporzionalmente allo scorrere dei km, dei minuti e di tutti gli altri sistemi di numerazione spazio-temporali. Stamattina, ad un trivio, la segnaletica era proprio assente ed io mi sono sorbito quasi un km di surplus scendendo verso un sedicente laghetto di pesca dove non c'era nessuno, un luogo vuoto degno di una avvincente sceneggiatura noir. Mi è toccato risalire, e scegliere una seconda opzione, fortunatamente quella giusta. Una volta sulla provinciale é stato più facile seguire il percorso perché le strade asfaltate sono segnalate di default ma questo non basta, non quando le carenze di sicurezza diventano il leitmotiv del Cammino.
Ero lì che camminavo sicuro, convinto che nulla avrebbe potuto ostacolare i miei passi quando il mio animale avverso, il maremmano, si è palesato irrompendo nuovamente nella mia vita. È uscito da un cespuglio lato strada, come un serial killer dall'angolo buio dell'inquadratura, con i suoi denti in bella mostra e il suo ringhio sordo e rancoroso. Mi si è lanciato contro senza mezze misure ed io non ho potuto far altro che retrocedere di uno, due passi e il secondo mi è stato fatale: piede sinistro sull'infido gradino asfalto prato e la caviglia è andata. Non sono caduto per puro miracolo (dio solo sa cosa sarebbe successo) ma ho lanciato il mio urlo di dolore che non ha fatto altro che attizzare ulteriormente la bestia. Ritrovato l'equilibrio mi sono girato e con passo veloce mi sono allontanato; lui mi ha seguito per un bel pezzo ed io, che in cuor mio tremavo di paura, ho potuto solamente allontanarmi sperando in una clemenza che il maremmano non conosce. Non mi sono voltato, ho fatto affidamento solo sul mio udito , valutando la lontananza dai decibel dei suoi latrati. È crollato tutto, la gioia, la grinta, la voglia di avventura: in un secondo era rimasta solo la voglia di essere a casa, al sicuro, vicino alla Jessie, il mio came buono. Con lentezza e fatica ho coperto i sei km che mi dividevano da Stroncone (mai fine tappa ha avuto un nome più appropriato) e auando sono arrivato al Francesco Inn mi sono accasciato sul letto, stan o, demotivato e triste.
L'anno dei Cammini promosso dal governo è tutta fuffa, come molto altro del resto, e questa cosa mi fa ancora più male. L'Italia, o almeno una sua parte, è in totale stato di abbandono e io houna gra voglia di tornare a camminare all'estero dove queste cose non mi sono mai successe.
Il Cammino per me finisce qui, l'ha deciso in via definitiva la farmacista; domani vado con i mezzi a Rieti e poi fra due giorni me ne torno a casa. Avrei voluto una fine diversa per questa avventura ma  non è stato così. Camminare da solo può essere una bellissima esperienza ma anche un grosso rischio in questo paese. Io non mi arendo ma dovrò valutate bene i miei futuri itinerari e questa cosa mi intristisce assai. Ora è tempo di tornare a casa, dagli affetti, in un posto sicuro e tranquillo. La Via di Francesco é stata una grande esperienza, almeno fino a Spoleto, il resto si perde nel limbo dei brutti ricordi ed è un peccato.
A tutti voi che mi avete seguito un enorme grazie e a presto, su altre strade, di altri luoghi.
Saludos amigos.

martedì 27 settembre 2016

Dalle stelle alle stalle e di nuovo alle stelle


Tredicesima tappa: Macerino - Collescipoli, 26 km.
Canzone del giorno: Three little birds di Bob Marley.

Lasciare Macerino non è semplice, un posto bello, una bella atmosfera: sarei rimasto volentieri un altro giorno. La via per la Romita di Cesi é tutta in bosco e per lo più sale, a volte anche ripidamente ma l'ambiente é meraviglioso, tanto silenzio, tanta pace. Si arriva ad un valico e si comincia a scendere e la strada bianca si trasforma inun sentieraccio di foglie e sassi, insidioso quanto basta da farmi innervosire. Poi ci si mettono degli isolati scsmpanellii ad aumentare il senso di angoscia e quando arrivo alla Romita e la trovo difesa da tre maremmani rabbiosi (dentro il recinto) anche la voglia di entrare mi passa (e comunque il cancello non si riesce ad aprire). Proseguo in discesa dopo una piccola sosta e il sentiero ritorna di sassi e foglie. OMMMM !!!!
Quando arrivo su asfalto tiro un sospiro di sollievo: di lì a Cesi sono ppchi minuti e finalmente mi godo una sosta lunga mangiando un po' di mandorle e una barretta. Il paesino è bellino ed è incorniciato da alti speroni di roccia che escono dalle pareti boscose. Scendendo verso la piana di Terni si incontra anche un tratto di mura ciclopiche veramente imponenti. Quando arrivo in fondo alla discesa iniziano i problemi: la Via di Francesco é stata stritolata da un susseguirsi di zone industriali, fabbriche e luoghi di raccolta immondizie. Camminarci in mezzo è veramente deprimente e mette a dura prova il mio olfatto. Per fortuna, al bivio per Collescipoli incontro un gruppo di arzille camminatrici vicentine con cui scambio qualche parola e che risollevano l'umore. La salita al paese è breve ma ripida e alla fine loro fanno l'autostop e io vado su a piedi. Ci ritroviamo all'ingresso di Collescipoli per un saluto, un selfie e ci scappa anche una canzone vicentina: my roots.
Ora sono al bell'Ostello dei Garibaldini, un'accoglienza pellegrina molto bella. Il ristorante del paese (l'unico) é chiuso ma mangerò da una signora che per 12 euro cucina per i pellegrini a casa sua. Spettacolo.
Sono un po' stanco ma la meta è vicina: keep on walking.

lunedì 26 settembre 2016

Macerino mon amour


Dodicesima tappa: Spoleto - Macerino, 19 km.
Canzone del giorno: Rebel Yell di Billy Idol.

Tappa breve ma ricca di incontri e di meraviglie: via con la cronaca.
Parto da Spoleto che sono le 8,30; Natascia è ripartita ieri per cui torno a fare gruppo a me. La prima parte del percorso è su strada trafficata e un po' mi rompo a fare continuamente spazio alle macchine ma a un certo punto la mia personalissima Via gira a sinistra e lascia il traffico al suo destino. Si comincia a salire, dapprima lentamente poi sempre un po' di più ma mai in maniera proibitiva. Le poche case spariscono e il bosco mi avvolge con la sua ombra fresca e il suo silenzio: è proprio ciò di cui ho bisogno. Vado su così  fino a quando gli alberi si fanno più radi ed è proprio attraverso un buco fra le fronde che vedo per la prima volta la piccola cupola bianca che sembra proprio quella di un osservatorio astronomico. È impossibile penso e invece....
Continuo a salire fino ad arrivare ad una curva dove un cartello recita: Rapicciano. Entro in punta dei piedi perché il silenzio pervade il luogo, arrivo nella piazzetta e lì ad accogliermi c'è il sorriso di una signora inglese che subito mi chiede se ho acqua a sufficienza e poi mi offre un caffè. Lei e il marito anni fa hanno comprato qui una splendida casa e ogni anno in estate vengono a godersela. La cupola sulla torre è effettivamente quella di un osservatorio che però non è più attivo: peccato, perché il luogp, così remoto e isolato, sarebbe perfetto per osservare le stelle. Dopo il selfie di rito ricomincio a salire e dopo poco giungo al bivio per Fogliano. Lì incontro un uomo che porta a spasso la sua cagnetta e scatta un quarto d'ora di scambio informazioni cinofile. Da lì in poi sono cinque km di strada bianca pianeggiante e tutta curve in mezzo al bosco e camminarla è veramente piacevole. Un'ora e arrivo a fine tappa: Macerino è un piccolo borgo che un tempo era un rudere che un tempo era un castello. Una coppia di signori quasi trent'anni fa lo ha ricostruito da zero ed ora è un luogo magico. Complice la stagione avanzata e il giorno (lunedì) sono praticamente l'unico ospite se escludiamo una signora del Norfolk che ha una casa qui. Ci conosciamo sui bordi di una piscina tanto piccola quanto azzeccata. Il caldo c'è, il sole pure: un bagno pellegrino non me lo leva nessuno. I signori ricostruttori, che sono anche i signori che mi ospitano sono gentilissimi ed essere loro ospiti è veramente un piacere. Ora vado che mi aspettano per la cena.
Saludos amigos.

domenica 25 settembre 2016

Asfalto si, asfalto no


Undicesima tappa: Trevi -Spoleto, 18 km.
Canzone del giorno: Running up that hill di Kate Bush.

Una tappa media, facile ma, ahimè, tutta su asfalto.
All'inizio non è nemmeno male, pochissimo traffico perlopiù su biruote a pedali: la domenica è il giorno dei ciclisti, si sa.
C'è ampio spazio per camminare in sicurezza e dopo poco arriviamo alle Fonti del Clitunno, luogo bucolico per eccellenza cantato da Virgilio e Properzio. Ci sono stato tante volte anche recentemente per cui mi risparmio il biglietto e tiro dritto. La strada si fa più brutta man a mano che si va avanti poi per fortuna si devia a destra, si attraversa la ferrovia e tutto cambia. Sono su una ciclabile molto bella e comoda dove camminara torna piacevole e totalmente sicuro. Arriva praticamente fino a fine tappa per proseguire per Norcia ma a me Spoleto basta e avanza. La cittadina è splendida come al solito con le stradine, le piccole piazze e le nerose chiese fra cui il duomo che ha sempre il potere di affascinarmi, dentro e fuori. Giriamo un po', mangiamo una cosa poi arriva il momento di salutare Natascia: lei finisce qui i suoi tre giorni lungo il Cammino Francescano, a me mancano ancora 5 tappe. Camminare con lei è stato piacevole e l'orso che è in me non ha avuto motivo di recriminare anzi, si è fatto un sacco di risate. Ora, dopo una ricca e tonificante doccia sono pronto per un'altra passeggiata spoletana e per un piatto di stringozzi all'omonima salsa. Domani si arriva a Macerino ma per ora mi godo ancora un po' l'atmosfera magica di questo splendido luogo.
Umbria Rules !!!

sabato 24 settembre 2016

La pace degli ulivi e il bagno fresco


Decima tappa: Foligno -Trevi, 12 km.
Canzone del giorno: Caroline's fingers dei Cocteau Twins.

Tappa breve e bella dominata dal leitmotiv della zona, l'ulivo. Andiamo con ordine. Si zaza un po' per Foligno che è belina assai, con i suoi vicoli, le piazzette e le sue antiche chiese poi si esce via strada e si continua fino ad allontanarsi dal centro abitato e ad arrivare al piccolo borgo di Sant'Eradio. Qui si lascia la strada principale e ci si avventura per una laterale che diventa ben presto strada bianca. Gli ulivi sono tutto intorno, già belli carichi ma alla "vendemmia" manca ancora un mese buono. Passiamo di fianco ad un piccolo campo nomadi riconoscibile non tanto dalle roulottes quanto dall'immondizia sparsa intorno come se fossero esplosi i cassonetti (peraltro presenti). Lasciamo stare. Proseguiamo e dapo un po' un simpatico csgnone bianco e nero di nome Black ci si fa incontro seguito a ruota dal suo padrone in groppa ad un bellissimo cavallo bianco. Sono 15 minuti buoni di chiacchiere su vmiallate, cime e abbeveratoi della zona poi ripartiamo in direzioni diverse. Trevi è lì ad un passo ma sembra che non si arrivi mai; si continua a salire per strade e sentieri sgarrupati fino ad arrivare ad una strada che scorre in alto. Sbuchiamo a Trevi nella piazza principale che sono le 12,45, quasi ora di pranzo e con la mia temporanea compagna di viaggio optiamo per una sosta mangereccia. La taverna del 7 è pronta ad accoglierci; ci ero già stato un paio di anni fa con Beatrice e Lena e basta poco perché la ragazza che serve ai tavoli si ricordi di me. Il cibo è ottimo esattamente come mi ricordavo e ci concediamo questo pranzetto "frugale". 
Da qui a Bovara, frazione in cui si trova la nostra locanda, sono un paio di km e li facciamo con lentezza, perdendoci nella quiete del paesaggio. Poi la sorpresa: nell'agriturismo, dal prezzo veramente cheap, c'è la piscina e un bagno ci sta tutto, nonostante l'acqua sia bella freddina. 
Stasera si torna, in macchina, a Foligno per la presentazione del libro e poi di nuovo qui per poi ripartire domani per Spoleto. Sono in Cammino da 10 giorni ma mi sembra un'eternità: il tempo è relativo per noi pellegrini. 
Hasta siempre.

venerdì 23 settembre 2016

Subasio, Giubasio


Nona tappa: Assisi - Foligno, più o meno 24 km.
Canzone del giorno: There is a light that never gors out degli Smiths.

Assisi è un paese in salita ma la Via oggi è stata più in salita di lui. Subito fuori dalla porta più alta di Assisi il sentiero si inerpica subito feroce senza fare alcuno sconto: pendenze tibetane e tanta fatica. Oggi però c'è un integratore speciale nella mia borraccia emotiva ed è Nstascia, vice direttore delle Edizioni dei Cammini, la mia casa editrice. Camminerá con me per tre tappe fino a Spoleto. Andiamo su ognuno col suo passo, senza fretta che in situazioni come questa la lentezza è d'obbligo. Quando usciamo dal bosco lo spettacolo che ci si apre davanti è di quelli che fanno girare la testa, vertigo e voglia di volare ed in effetti qualcuno che vola c'è: sei o sette temerari del parapendio giocano ad inseguirsi nel cielo con evoluzioni lente e armoniche.
Il cielo è di un blu oltremisura, e quando arriviamo in cima, a toccare la croce di legno, due aerei disegnano con le loro scie una gigantesca X nel cielo e le due croci si amalgamano in un gioco mistico spettacolare. Si resta un po' lassu, a guardare il panorama della vallata, parlando piano e con poche parole. Quando è l'ora di scendere è sempre un po' triste perché on alto si sta bene, ci si sente più forti, dei semidei con gli scarponi e lo zaino. La discesa è lunga e altrettanto faticosa  ma ci sono tanti animali ad accompagnarci: i grilli (grulli) dalle ali rosse, le lucertole impaurite e sopratutto tante farfalle, leggerissimi colori volanti pieni di grazia e gentilezza, gli esseri più belli al mondo.
Arrivare a Spello dall'alto fa uno strano effetto, sembra quasi di planarci sopra sorvolando gli ulivi. La cittadina è una vera meraviglia e sarebbe da rimanere ma ci sono ancora  cinque km fino a Foligno: tempo di andare, di chiudere la tappa.

giovedì 22 settembre 2016

La salitaccia e il Testimonium


Otava tappa: Biscina - Assisi 26,5 km.
Canzone del giorno: Follow the river dei Calexico.

Sono partito presto stamattina, alle 7,30; dovevo arrivare ad Assisi in tempo utile per farmi una doccia e arrivare pesentabile alla presentazione in libreria e ce l'ho fatta. Ma è stata dura, durissima. All'inizio si scende, prima su asfalto e poi su strada bianca poi ariva il bosco e la strada diventa sentiero; c'è ancora del fango ma è in via di essiccamento. È un su e giù morbido fino a Valfabbrica poi c'è la salita disumana da fare. Qui il fango è ancora mollo per cui scelgo la strada che fa 300 metri di dislivello con pendenze brutali. Quando arrivo su sono da strizzare e annaspo ma la vista mi rincuora e mi fa sentire subito meglio. Ora è tutta in discesa. Dopo pochi metri incontro degli operai fermi ad una piccola area sosta con tanto di fontanella; ne approfitto per riempire la mia borraccia mentre loro sorseggiano tranquillamente un grechetto. 
La discesa er rapida e porta dritta verso la piana sotto Assisi. Mi illudo che sia finita, la città e lì a due passi, puoi quasi toccarla ma la città è alta, è uno sperone ardito e per arrivarci bisogna compiere l'ultima ascesa. Passo lento ma determinato, il caldo mi fiacca, poi mi fiacca lo zigzagare fra i turisti spaesati e infine mi fiacca (e mi fa anche incazzare) l'ottusitá del militare col fucilone che non vuole farmi passare perché in tasca ho il coltellino da campeggio (che fra le altre cose può fare assai meno male del suo fucilone), che non vuole tenermelo nemmeno per 5
minuti, che non si arrende nemmeno davanti alla credenziale e al mio evidente status di pellegrino. Testa di legno. Fortunatamente la mia amicha che, mi, ospita mi porta alla Porziuncola e lì me la sbrigo in 5 minuti.  Sti soldati coi fucili spianati ovunque cominciano a starmi veramente sul piffero. 
Notte.

mercoledì 21 settembre 2016

Una giornata in crescendo


Settima tappa: Gubbio - Bisina, 22 km.
Canzone del giorno Just like heaven dei Cure.

Una tappa iniziata nel segno della pioggia e dello sconforto e finita col sole, in un micro paesino fuori da tutto ed evolutasi in modo speciale. 
Dopo aver attraversato la pianura egubina in linea retta e aver conusciuto un bellissimo ciuchino, proprio all'inizio della salita Giove Pluvio decide che è il momento adatto per buttare giù qualche secchiata. Mantella da gnomone e pedalare, non c'è altra soluzione. La strada sale, sale, sale, non sa fare altro. Quando arrivo in cima sono sudato mezzo, grazie alla scarsa traspirazione e alla fatica ed è allora che il dio pagano decide che per oggi può bastare. Gaudemus. Arrivo in cima ad una collina e sfilo via il costume mitologico tornando ad essere soltanto un pellegrino. Bevo un po' d'acqua e mentre lo faccio mi giunge all'orecchio uno scampanellio: mi sale un po' di fifa. Alzo lo sguardo e sono solo tre cani da caccia che precedono i loro padroni cacciatori (il che spiega la presenza dei jeepponi infangati in questo luogo sperduto). Non amo i cacciatori, anzi ma i loro cani non hanno colpe ed è per questo che carezzo loro e ignoro i padroni. Vanno via subito con il loro magrissimo bottino di un unico fagiano.
Squilla il telefono: sono quelli di Radio Popolare che ospitano quelli di Radio Francigena che ospitano me. Mi fanno un'intervista e la cosa riesce parecchio bene, non mi impappino quasi mai ed esprimo anche i concetti in maniera chiara e divertente: generalmente sono una frana in queste cose ma qui e ora mi sento fortissimo. Sarà merito del sole che lentamente comincia a spintonare le nuvole per farsi spazio, sicuramente lo è. Quando mi rimetto in cammino mi affiancano due pellegrini italiani; li avevo visti all'inizio della salita che si riparavano sotto una tettoia. Qualche decina di metri insieme e poche parole poi li semino.
La strada ora scende, e mi regala paesaggi bellissimi e un altro incontro: sono marito e moglie, sulla sessantina e questo è il loro primo pellegrinaggio, tre tappe da Assisi a Gubbio. Sono entusiasti a dispetto della fatica e della pioggia presa, hanno gli occhi felici di chi ha scoperto un nuovo gioco: sono sicuro che abbiamo guadagnato due nuovi pellegrini. Selfie di rito e si riparte loro in salita io in discesa ma so che non può durare. 
Dopo una mezz'ora abbondante arrivo all'eremo di San Pietro e lì finalmente fagocito la mia banana e le mie mandorle. Sopraggiungono i due camminatori di prima che dormiranno proprio qui; una tappa breve la loro e penso che in fondo sia giusto così.  Questo cammino andrebbe fatto lentamente, dovrebbe essere contemplativo, fatto di passi ma anche di lunghe soste spese ad ammirare il paesaggio, a lasciar volare i pensieri (tutto questo ovviamente non in uno dei settembre più piovosi di sempre).
Mentre scendo verso il fondovalle attraverso un bosco silenzioso  improvvisamente un pensiero mi sale addosso e non mi molla: è il pensiero dei miei genitori, veri istigatori primari di questa mia passione, il desiderio impossibile da realizzare di averli con me in questa tappa. Loro non ci sono più e questa cosa non si può cambiare; mi sale un groppo in gola e non posso far altro che guardare il cielo e far scendere qualche lacrima: se sono lassù mi staranno guardando ora e credo siano orgogliosi di me. 
Più giù c'è una graziosa micro cappella, il cui interno è chiuso  da una grata; alla grata sono appesi mille oggetti disparati, rosari, tau, cappelli, sogni, desideri e brandelli di vita di tutte le persone che sono passate da qui. Io ci lascio la mia bandana arancione, compagna di mille avventure: credo stia meglio qui che sulla mia fronte
La sterrata si riduce a sentiero e giunge al fiume che si guada su grossi cubi di cemento, poi c'è una lunga salita fangosa che sbuca su una nuova sterrata che in meno di un'ora mi porta a Bellugello, minimo paesino solitario dove finalmente chiudo la tappa. La proprietaria gentilissima mi porta con la macchina a fare la spesa in un paese limitrofo. La stanza in cui dormo è dotata di angolo cottura e stasera una carbonara non me la leva nessuno: cucinare mi manca tanto e allora, Soul Kitchen.

martedì 20 settembre 2016

Il sole e le colline belle


Sesta tappa: Pietralunga - Gubbio, 27 km.
Canzone del giorno: There she goes, my beautiful world di Nick Cave.

Finalmente sole a palla, con tante nuvole diverse ad arricchire il cielo. Lo sapete, il mio terzo occhio è sempre affamatissimo e oggi ha avuto il suo agognato lauto pasto, complice un paesaggio spettacolare e solitario dove il silenzio era rotto solo dal gracchiare di qualche cornacchia e dal muggire placido delle chianine al pascolo. Bucolico a manetta!!! Tappa in puro stile Via di Francesco, su e giù, giù e su, senza soluzione di continuità. Abbiamo camminato in tre, io, Barbara e Patricia, le mie Bond girl austriache; spesso distanziati di una trentina di metri l'uno dall'altro ma pronti a ricompattarsi per le doverose soste. Due le chiese incontrate, entrambe chiuse ma la spiritualità era tutta intorno a noi, in pieno Francesco style. 
Camminare col sole (magari non quello d'agosto) fa bene, rende tutto più gioioso, anche la fatica che anche oggi è stata tantissima. Ora sono su alla chiesa di S. Ubaldo dove sono giunto con la cestellovia. Da qui su c'è un panorama pazzesco e in un tavolino di fianco al mio ci sono quattro vecchietti (due uomini e due donne) che giocano a briscola in una maniera così accanita che solo nei peggiori bar di Caracas. È tutto molto bello.
Fra poco riscendo che voglio farmi un giro per questa bellissima cittadina. Se non siete mai stati alla corsa dei ceri ricordatevi: è il 15 maggio ed è il baccanale più bello a cui io abbia mai partecipato. 
Che la forza sia con voi. E anche lo Sforzo.

lunedì 19 settembre 2016

Il maremmano quieto e le compagne di viaggio


Quinta tappa: Città di Castello - Pietralunga, 30 km.
Canzone del giorno: Ti sembra normale di Max Gazzè.

Una tappa lunga in pieno stile Via di Francesco, up and down senza sosta. Quando parto sono le 8,30 e subito sbaglio strada: ve lo devo dire, sono strano, con la testa fra le nuvole, distratto e confusionario, chissà perché. Va bene torno indietro e ritrovo la strada maestra e di stada si tratta infatti ma a basso scorrimento e più si sale anche le poche macchine spariscono. Il solo pensiero di non dovermi infangare anche oggi mi fa stare bene e i muscoli trovano nuovo vigore. Mi fermo al bar Il Sasso, ultimo avamposto di generi di consumo, poi il nulla e, contravvenendo ad una delle mie più rigide regole (quella della banana a pranzo, lo sapete tutti) mi faccio fare un pezzo di schiaccia con la mortadella e via; ve l'ho detto che sono strano questi giorni. Salgo del mio passo, affronto in maniera molto zen i tornanti e gli strappetti e alla fine scollino la prima volta. È qui che incontro per la prima volta Barbara e Patricia, due pellegrine austriache agè che sono partite da vicino Bologna e arriveranno ad Assisi. Mangiamo insieme e scambiamo belle chiacchiere in inglese. Poi io riparto mentre loro cominciano ad infilarsi scarponi e zaini. Più avanti appare il primo temutissimo cartello che prega di fare attenzione ai greggi al pascolo e ai loro guardiani. Mi si gela il sangue, la mente torna alla scorsa estate e dei brividini mi camminano lungo la schiena. Al curvone successivo avvisto gli ovini, una quindicina non di più. Decido di fermarmi e aspettare le austriache ma dopo dieci minuti ancora non si vedono. Ok, questa cosa dobbiamo affrontarla da soli, è giusto. Vado camminando con i bastoncini già in posizione orizzontale; arrivo vicino alle pecore, al di là di una recinzione sbilenca e nulla, non un latrato, non un ringhio, niente. Non mi fido, il maremmano è subdolo e cerca sempre di fregarti, per cui proseguo con l'allerta al massimo. A un certo punto ne vedo uno, è davanti al cancello di una fattoria, dorme della grossa e continua a farlo; sono quelli dentro che scattano tutti in piedi e cominciano a ringhiare catarrosi. Io non li degno di uno sguardo, continuo a camminare e nulla accade. Gaudemus.
La fifa mi rimane incollata addosso e ogni passo è il più silenzioso possibile per cercare di cogliere scampanellii sospetti. Arrivo alla Pieve dei Saddi e li mi fermo, più o meno al sicuro. Dopo poco arrivano Barbara e Patricia e pure il parroco della Cattedrale di Città di Castello (in macchina). Facciamo gruppetto per un attimo poi zi prete se ne va e il terzetto superstite si avvia in allegra compagnia. L'ultima parte della tappa la facciamo insieme, chiacchierando in inglese e facendoci ricche risate. Le ultime salite sino dure ma l'unione da la forza e quando sbuchiamo al bivio per Candeleto anche loro decidono di soggiornare in questo hotel che sembra un grosso rifugio di montagna e tratta i pellegrini con un super occhio di riguardo. 
Ota si va a cena insieme poi domani chissà, magari qualche chilometro insieme. Hasta la vista, baby.

domenica 18 settembre 2016

Montagne Russe e su e giù


Quarta tappa, Sansepolcro - Città di Castello, 35 km di montagne russe (in Umbria).
La canzone del giorno è Girl Anachronism dei Dresden Dolls.

Tappa dura oggi, durissima ma densa di belle cose a partire dal sole che ha bucato con forza le nuvole regalandomi così un integratore naturale, il beltempo. Tante foto, qualche incontro e molto altro. Via con la cronaca.
Esco alle 8,30 e il cielo è nero ma si capisce che non durerà e infatti appena svolto dalla provinciale su una stradina di campagna appare Fratello Sole (laudato sia). Cammino fra campi coltivati con una stranissima pianta, non capisco cosa sia. Dopo poco un uomo e una donna mi affiancano e parlare viene spontaneo. Sono della zona ma in procinto di trasferirsi a Valencia (olè). Perché vi chiederete voi e io ve lo dico come loro lo hanno detto a me: la valle è avvelenata. Le piante strane sono piante di tabacco e per farle crescere rigogliose le bombardano di pesticidi e altre cose tossiche tanto che le falde acquifere ne sono piene. Nella zona c'è un'altissima percentuale di malati di tumore e loro se ne vogliono andare; per questo e per molti altri motivi. È l'Italia che non sai, quella delle multinazionali spietate ed è triste scoprirlo. Cammino con loro a lungo poi i due fanno dietrofront e io continuo in solitaria. Poco dopo c'è il primo gran premio della montagna: si sale a Citerna, bel borghetto medievale arroccato su un crinale (e ho fatto la rima).
Arrivo su provato e spompato ma la vista dalla piazzetta sulla Valtiberina é degna di un quadro. Resto li a rifiatare un po' e libero anche i piedi che reclamano aria fresca; mangio qualche albicocca e intanto osservo i paesano godersi la domenica di sole e prendere l'aperitivo al bar. Solo 10 minuti poi riparto in discesa. Tante foto da fare, le colline giocano a inseguirsi e a colorarsi e io non posso non immortalarle. Poi si ricomincia a salire ed è di nuovo fango !!!! Gaudemus. Una salitaccia in cui si sprofonda ad ogni passo, la mota ti si attacca addosso appesantendoti così, quando arrivo in cima ed esco su strada bianca scatta una sequenza di improperi degna di uno scaricatore di porto ubriaco e tendente di natura al turpiloquio. Per fortuna c'è un altro incontro a placare gli animi, quello con la gestrice di una sorta di agriturismo che ospita volentieri pellegrini da ogni donde (e della sua meravigliosa e affettuosa cagnetta). La tipa mimostra la struttura, mi da da bere acqua gelata e mi mette pure un bellissimo timbro sulla credenziale. A saperlo mi sarei fermato qui ma ormai il dado è tratto. Riparto però con il sorriso e scendo di nuovo verso il fondo valle per affrontare poi il terzo G. P. M. della giornata. Fango snche qui: non bastano poche ore di sole per asciugare un'alluvione crudele. Scavallo di nuovo, e scendo su strada, dura poco: la quarta salita, due km e poco più mi toglie ogni energia, ho dolori più o meno ovunque e la bellezza dell'Eremo del Buon Respiro (peraltro chiuso) non basta a curarli, ci vorrebbe una doccia. Mancano però ancora tre km, fortunatamente in discesa e li faccio a passo veloce perché le nuvole si stanno ricompattando e la pioggia non è proprio la doccia che avevo in mente. Chiudo la tappa proprio sul limitar dello scroscio. Ora ho bisogno di cibo, possibilmente ciccia: è il mio corpo che lo chiede a gran voce ed è sempre meglio assecondare certi messaggi. Prima però DOCCIAAAAA.  
Besos

sabato 17 settembre 2016

Fanghiglia e nebbia



Terza tappa: Passo di Viamaggio - Sansepolcro, 25 lerci chilometri.
Canzone del giorno: Muddy waters nell'interpretazione di Nick Cave.

Cosa dire, non è mai troppo tardi per imparare, soprattutto a rispettare i propri principi e a dare ascolto al proprio istinto.
La variante c'era per evitare il sentiero che parte dal passo di Viamaggio e che era, come scritto sulla guida, una massa indistinta di fango; c'era ed era la forestale che scorre poco più giù e a cui il sentiero so ricongiunge. Me lo sentivo che dovevo fare quella, ma ho dato retta al tipo dell'hotel imperatore (un automobilista) è ho toppato alla grande. 
Cominciamo col dire che c'era una nebbia da film horror e che ho allungato di 20 minuti buoni a causa di un segnale  dipinto da uno psicopatico (se salgo mi aspetto di trovare il segnale davanti a me e non alle mie spalle, ma tralasciamo). Una volta ritrovato il sentiero è iniziato il calvario: non c'era verso di salire senza scivolare e a un certo punto SDENG, giù lungo per un paio di metri, e poco dopo si fa il bis con storta alla caviglia annessa. Sono rimasto appoggiato ad un albero per 5 minuti, non riuscivo ad andare avanti, nonostante i bastoncini. Mi veniva quasi da piangere, il vero sconforto profondo. Poi di colpo mi sono lanciato e, pur pattinando come fossi la Kostner, sono riuscito a superare l'ostacolo e ad andare avanti. Sorvolo sullo stato del mio abbigliamento. Poi è iniziata la discesa e pure lì è stata veramente dura, fino alla sterrata, quella che dovevo prendere fin dall'inizio. Da li in poi molto meglio, è uscito anche un po' di sole e io, caviglia a parte, ho ritrovato vigore ed entusiasmo (col sole è tutto più facile). Sono passato nel bel paesino di Montagna (si chiama proprio così), poi per l'Eremo di Montecasale (molto bello) e, in pieno possesso delle mie facoltà, mi sono risparmiato lo Speco di San Francesco, una discesa infida e poco curata (un uomo a cavallo l'ha definito un troiaio) scegliendo la strada solitaria giù fino a Sansepolcro.
Ora esco che alle 19,30 ho la presentazione in libreria. Per domani vedremo, butta puiggia brutta e la caviglia duole, ma decido domattina.
Hasta siempre.

venerdì 16 settembre 2016

Cerbaiolo, il diavolo e la pioggia santa



Seconda tappa: Pieve Santo Stefano - Passo di Viamaggio, più o meno 15 km.
Canzone del giorno: (inevitabilmente) Rain - The Cult

Una seconda tappa abastanza breve e semplice quella di oggi, con poca pioggia all'inizio del percorso (tutta quella che non ha fatto prima la sta facendo in questo preciso istante, modello diluvio universale).
Vero gioiello della giornata, l'Eremo di Cerbaiolo. Ma andiamo con ordine.
Esco dal Castellare che sono le 8,15 e piove. Indosso la mantella e, come Clark Kent prima di me, mi trasformo in un supereroe...o ciò che, nelle mie. modeste possibilità, più gli si avvicina: lo Gnomone blu della Val di Susa.
Attraverso tutto il piccolo paese e, seguendo le indicazioni della guida e anche dei gestori del B&B,  opto per la sterrata, più lunga ma più sicura del sentiero. Poco prima di uscire dal paese un ragazzo nero in bicicletta mi sorride e mi fa: hei, ciao Jah Man. Deve aver notato il mio braccialetto giamaicano, altrimenti non si spiega. Io ricambio il saluto e abbandono col sorriso lPieve Santo Stefano. La strada sale lenta e senza forzare la mano con le pendenze. Smette di piovere e sfilo la mantella. Non incontro anima viva e cammino avvolto nei miei pensieri; dopo una curva la sterrata spiana e arrivo ad un bivio segnato da una croce. La deviazone per l'Eremo è d'obbligo così comincio a salire, piano, quasi in punta dei piedi. Ieri sera mi sono intrattenuto  con i gestori del B&B che mi hanno raccontato la storia del posto, quella di suor Chiara, la religiosa che si adoperò per il restauro e la cura dell'Eremo e che ci visse solitaria (con le sue capre) fino al 2001; mi hanno detto anche del diavolo con cui condivideva il luogo e delle tribolazioni per tenerlo a bada e tutte queste storie mi hanno suggestionato a tal punto che quando arrivo in cima ho quasi paura a respirare. La realtà è che Cerbaiolo è, come scritto sul cartello all'ingresso, "un notevole esempio di insediamento religioso in ambiente impervio" e ciò può dare adito alla nascita di molte leggende. C'è un detto che recita "chi è stato a La Verna e non è stato a Cerbaiolo ha visto la madre e non ha visto il figliolo". In effetti i due luoghi si somigliano moltissimo: entrambi sono costruiti in maniera ardita su formazioni rocciose a strapiombo sul vuoto e trasmettono una grandissima energia. Sull'ultima rampa che sale all'Eremo c'è un fortissimo odore di menta e ci sono cinque rose rosse su una pianta che costeggia il muraglione ma soprattutto c'è una grande quiete. Faccio fatica a credere al diavolo nella stessa maniera in cui faccio fatica a credere a dio; credo nell'energia, quella positiva e quella negativa  e su questo fondo la mia "spiritualita". Personalmente ho sentito, come direbbe il mio amico africano, delle belle vibes, una bella energia, almeno all'esterno; l'interno é chiuso, anche l'eremita che ci abitava sembra essersene andato. Istintivamente penso all'Overlook Hotel di Shining, alla follia a cui un uomo può soccombere vivendo in un posto isolato: forse il diavolo è questo, anche questo.
Resto una decina di minuti a riposarmi in questo luogo magnifico poi scendo e vado a riprendere la sterrata. Da lì fino al Passo di Viamaggio è poco più di un'ora e a parte una donnola (o una bestiolina simile) che mi è passata davanti in tutta fretta non c'è nulla di rilevante da raccontare. Al passo ho fatto due chiacchiere con due mountain bikers pellegrini coperti di fango dalla testa ai piedi, un bell'incontro. Entrare all'hotel Imperatore e ascoltare I wanna be sedated dei Ramones è solo la ciliegina sulla torta. Punk's not dead.

giovedì 15 settembre 2016

Nella nebbia, con le vacche


Prima tappa: La Verna - Pieve Santo Stefano, 15 km.
Canzone del giorno: All you need is me di Morrissey.

Rimettersi in Cammino è una cosa che fa bene: fa bene al cuore, fa bene alla mente e fa bene al corpo. I miei polpacci non sono molto d'accordo a riguardo e la colpa è mia. La settimana scorsa li ho lasciati riposare e mi sono abbandonato alla vita bohemien in quel di Venezia ed ora pago pegno. Comunque ecco la cronaca.
Dopo una cena un po' risicatina (stile piatto freddo in Pane e Tulipani), e funestata dall'oscura presenza delle rape rosse (mie uniche nemiche a tavola insieme alle carote lesse) e dopo un sonno ristoratore nella mia stanzetta mi sono caricato lo zaino e sono partito. Una prima tappa relativamente breve, 15 km che colpisce all'inizio per i suoi strappetti in salita ma che poi diventa morbido saliscendi fra i boschi e discesa verso la fine. La temuta pioggia non si è presentata ma il cielo è stato comunque coperto e delle copiose folate di nebbia rendevano spesso lugubre il bosco; le silhouette degli alberi diventavano oscuri guerrieri scheletrici pronti a divorarti e tutti i ricordi di quei creatori di incubi dei fratelli Grimm riemergevano prepotenti . Tutto questo fino a...fino a quando sono apparse le vacche e, si sa, le vacche fanno la differenza.  Erano dietro l'angolo, proprio sul sentiero, due marroni e una nera, belle e mastodontiche.  Avevano paura di me piccine e si sono dovute inventare una manovra complicata per fare inversione senza finire nel dirupo sottostante. Sono state le mie apripista, le mie guardie del corpo per una ventina di metri poi una piccola radura si è aperta a sinistra e ci siamo separati. L'ultima si è fermata ad aspettarmi, quasi volesse assicurarsi che non le avrei seguite. Io volevo accarezzarla ma lei si è negata girandosi dall'altra parte e salutandomi con grandi movimenti di coda. Da lì in poi è stata praticamente tutta discesa, prima su sentiero poi su sterrata e infine asfalto.
Sono arrivato al Castellare, benemerito B&B per pellegrini verso le 12,15 ma non si è presentato nessuno fino alle 13,30. Patientamus!!!
Ovvia la doccia e inevitabile la manutenzione del piede dopodiché un mezzo vivin c e sotto le pezze per un meritato riposo. Il paese dista 15 minuti a piedi e fra un po' mi muoverò per procacciarmi la cena. Per adesso è tutto, la prima è andata.

mercoledì 14 settembre 2016

-1: Santuario della Verna


Non ho molte parole stasera, non dopo aver assistito a questo spettacolo qui. La Verna è un luogo mistico e magico, pieno di grande energia. Fino a pochi minuti fa ero fuori dalla chiesa mentre dentro i frati francescani, al seguito di un organo, cantavano la loro messa. Ecco, sapete di me, del mio profondo essere laico eppure, davanti a quel portone, avevo i peli delle braccia più dritti degli aculei di un istrice.
Domani si comincia a cameminare: tappa breve, giù fino a Pieve Santo Stefano. Spero di cavarmela in tre/quattro ore anche perché la pioggia sarà mia fedele compagna ma questa è la storia di domani, ora c'è La Verna e la cena dai Frati. 
A domani.

martedì 13 settembre 2016

-2 : Io e Lui, lo zaino di Eta Beta



Io e Lui.
Quando anni fa comprai questo zaino la mia vita era completamente diversa. A volte penso che Lui , in tutto questo tempo, mi abbia accompagnato caricando al suo interno tutto ciò che valeva la pena portarsi dietro: Eta Beta docet. E se all'inizio Io non ero molto convinto di Lui (e forse Lui di me) e in seguito abbiamo avuto un lungo momento di distacco reciproco, ora siamo inseparabili. Forse è perché gli ho regalato nuovamente spazi aperti e ampi panorami che sono il suo nutrimento naturale, forse perché nelle lunghe giornate spese a faticare sotto il sole, passo dopo passo, è come se avessimo condiviso pezzi di cuore, pensieri e ricordi, gioie e anche qualche paura: un bizzarro transfer dati ai limiti del reale. 
Io e Lui
Oggi Io e Lui abbiamo molto da fare, siamo impegnatissimi: Io a riempire e Lui a contenere, ognuno fa il suo.
Faccio una foto stile Pink Floyd (ma anche un po' Einstürzende Neubauten) come testimonianza e per farvi vedere cosa ci portiamo appresso Io e Lui.
Io e Lui abbiamo delle novità: ci sono le scarpe nuove (infradito da doccia a parte), le Salomon da escursionismo leggero e gli inevitabili sandali Teva. 
Io e Lui abbiamo anche una borraccia rosso fiammante da 1 litro e i tappi dei bastoncini per i tratti di asfalto. 
Il resto è tutto l'equipaggiamento standard; Io e Lui abbiamo messo anche il pile che, stando al meteo, un po' di pioggia la incontreremo e le serate saranno fresche sulle montagne russe dell'Umbria.
Io e Lui domani mattina partiremo per il Santuario della Verna (in treno ovviamente) e lì dormiremo dopodiché saremo nuovamente in Cammino, Io e Lui.
Voi rimanete sintonizzati e vi racconteremo tutto.