lunedì 29 giugno 2015

Zì Prete, le Parche e il pesciolino solo

Pontremoli - Barbarasco, 23 km.
Lasciare Pontremoli è un po' dura perché quando un posto ti piace così tanto, spizzicarlo solo per un giorno ti lascia con la fame. 
Esco alle 6,30 e tutto è silenzio e quiete.  Sul viale alberato lungo il fiume incontro Zi' Prete; passeggia nella sua lunga tonaca nera, breviario in mano, un Don Abbondio in salsa toscana.. Io gli scatto una foto quando è ancora ad una certa distanza e quando ci incrociamo lui mi fa "Lei mi ha fotografato" "Non potevo farne a meno" rispondo io. È un dialogo minimale e vagamente surreale, vista l'ora; non può finire così, lo sappiamo tutti e due.

Pochi passi lungo la statale poi si devia per piccole stradine laterali, parcheggi di zone industriali,, marciapiedi improvvisati fino ad arrivare dietro una chiesa dove si abbandona definitivamente la statale e ci si inoltra (in salita) in bosco. Le gambe risentono un po' dello sforzo dei due giorni passati e poi lo zaino sembra stramaledettamente più pesante oggi. Sarà il libro di Benni che ho comprato ieri in una bancarella per due euro; lo so, non si compra nulla in Cammino ma era Saltatempo in prima edizione e non ho resistito.
Qualche km e arrivo alla bellissima Pieve di Sorano e non ci crederete...è aperta!!!
Mi levo il cappello ed entro. C'è una persona seduta al quarto banco, mi avvicino lentamente e una voce fa "ci si rivede allora"  "penso fosse inevitabile" rispondo io poi Zi' Prete si gira e mi sorride.
È venuto con la corriera per tenere un po' aperta la Pieve a devoti, pellegrini e turisti comuni. Inutile dirvi che mi sono dovuto sorbire un sermone privato di mezz'ora sui temi più comuni del clero: la famiglia, la fede, la morte. Lui è incuriosito dai miei tattoo e mi chiede cosa c'è scritto sotto la rosa. Io gli spiego la mia passione per le Parche e lui riparte a parlare del suo lavoro di preside di un liceo classico. Insomma, di riffa e di raffa Zi' Prete mi fa perdere quasi un'ora vanificando l'alzataccia mattutina. Gli stringo comunque la mano e lui mi cita Leopardi come stoccata finale.

La strada si inerpica crudele al borgo di Filattiera (bellissimo) e da lì riparte per boschi e in quota in direzione di Filetto altro splendido posto. Qui si consuma il lauto pasto fatto di 1 banana e 2 prugne. Evviva.
La strada scende quindi verso Villafranca e attraversa un'arido fiume Magra ricominciando a salire, dolce ma inesorabile per tre km, fino al borgo di Lusuolo con il suo castello, bello e così irrimediabilmente chiuso.
Nel paesino (una strada) non c'è nemmeno un bar ma una mini piazzetta con pozzo e fontanella funge da ricovero all'ombra per l'accaldato pellegrino.

Da lì a Barbarasco è tutta in discesa ed io la cavalco dopo aver sostituito le scarpe coni sandali, poveri piedi miei.
L'animale totemico di oggi è il singolo pescetto che ho visto nuotare nelle limpide acque di un piccolo torrente affluente del Magra. Mi ha dato un senso profondo di equilibrio, la cosa giusta al posto giusto, nonso se mi spiego. La Lunigiana è una bellissima terra che meriterebbe maggior tempo e maggior dedizione. Magari un'altra volta.
A Roma mancano 446,5 km e metà del Cammino l'ho già portato a termine. Si va avanti, un passo-lento alla volta. Don't worry, be happy.

domenica 28 giugno 2015

Scendere non è sempre cosa buona.

Berceto -Pontremoli 26 km (ma la cifra è irrilevante).
Chi ha detto che la discesa è meglio della salita? Chi è quel pazzo criminale? Portatemelo che lo voglio matare!!!
Detto questo, via con la cronaca.

Dopo una ricchissima colazione si parte. Appena usciti da Berceto c'è il sentiero sulla sinistra, lì bello pronto ad attenderti che sale subito, così, per farti capire che la Cisa è ancora lontana. Dura poco poi si fanno gli ultimi km su asfalto fino al passo. Li, fra una moltitudine di motociclisti coperti di pelle cigolante (alcuni molto attempati e decisamente brutti) e ciclisti di ogni dove incontro Peter, il pellegrino austriaco con cui ormai condivido alcune brevi parti della giornata. Si fa una Lemon-sosta e si ricomincia. Il sentiero riparte subito oltre il passo e dopo una brevissima salita comincia a scendere dolcemente in bosco. È il mio tipo di sentiero preferito: fondo morbido di foglie e terra, come camminare su un tappetino, dovrebbero abbatermi per fermarmi. Poi va avanti in costante e piacevole saliscendi, su crinale e poi si getta a capofitto in una ripidissima discesa piena di sgasciume, sassi, ghiaino, insomma tutto quello che facilita lo scivolone a culo per terra. Santi bastoncini, l'ho già detto. Si va avanti così per un'ora abbondante e le ginocchia, i muscoli delle cosce ed ogni altro muscolo poco usato inizia a soffrire. La discesa, sappiatelo, è un vero inganno globale. Ti tenta, ti seduce, ti prende e ti mastica e alla sera ti lascia sul letto a mugolare per il dolore diffuso in tutta la parte inferiore del corpo. Ecco il perché della brevità di questo post.
Piccole note:
Pontremoli è un paesino meraviglioso, con i suoi tanti ponti, il castello meraviglioso e i muri con le fioriere improvvisate piene di cuori e scritte carine. Merita una visita, fidatevi.

Animale totemico:
Oggi ci sono le rondini. Sono qui in un ristorantino con un loggiato affacciato sul fiume e guardare le loro evoluzioni nel cielo che via via si fa scuro è un toccasana per l'anima (e il corpo) ed è di buon auspicio per domani. Per sempre.

A Roma mancano 469,8 km. Daje!!!

sabato 27 giugno 2015

Rosemary e la salita infame

Sivizzano - Berceto, 22 km di salita 'nfame.
Doveva essere la tappa più dura di tutto il cammino...e lo è stata. 
Si è cominciato a salire subito, senza pietà, senza neanche il tempo di guardarsi intorno e dire "che bella giornata", di respirare un attimo. La Pieve di Bardone è là, la vedi ma non ci arrivi mai. La strada sale dritta e impietosa e nonostante faccia ancora fresco la sudorazione parte copiosa. Lo so che suona male, forse anche disgustoso ma non posso farci niente, sudo, madre natura mi ha creato così e così mi tengo. Non puzzo però, mai, e questo è un gran vantaggio.
Il tempo di fare due foto, riempire la borraccia con l'acqua di fonte e strizzare per la seconda volta la bandana ed è ora di ripartire, bisogna arrivare a Terenzo.
Altra Pieve, altra fonte, altra strizzata poi finalmente si lascia l'asfalto per il sentiero. È un sentiero poco battuto, si vede; sale, senza fare sconti, in mezzo a una fitta vegetazione e popoloso di mosche, la peggiore calamità dopo Salvini (ops, scusate, m'è scappata). Per un lungo tratto c'è una specie di mini canyon melmoso scavato dall'acqua proprio nel centro  e camminare si fa veramente difficile. Santi bastoncini, oggi sono stati utilissimi, a più riprese.
Arrivo in cima e il panorama ricompensa la fatica ma non fa andare via la stanchezza dalle zampe. Una sosta è più che meritata, serve a rifocillarsi (mandorle) e anche a strizzare la bandana (siamo già a 5) per poi sostituirla con l'altra. "Oggi so' de bucato signò" e infatti quella zuppa viene "stesa" sopra lo zaino ad asciugare e quella asciutta va a cingere la fronte. Questa simpatica manovra si ripeterà più volte nell'arco della giornata.
Riparto e dopo pochi metri di asfalto si rientra nel bosco e si ricomincia a salire, più dolcemente però, e anche la vegetazione cambia, le conifere la fanno da padrone e quando il sentiero spiana camminare diventa una delizia. Dura poco perché dopo un ultimo strappo si sbuca su strada ad un chilometro dal borgo di Cassio ed è lì che la malvagità dei tracciatori del pecorso mi frega: pur di non farti fare quel km o poco più di strada, dove peraltro i veicoli sono una vera rarità, si inventano un sentiero nel bosco che non solo allunga ma scende rapido facendo perdere un po' del dislivello guadagnato prima e che inevitabilmente dovrai recuperare. Sono in un cammino spirituale e il moccolo non è contemplato però Porca di quella zozza!!!
Da Cassio è tutta statale, pochissimo traffico, leggera salita. Ci sarebbero un paio di possibilità per tagliare un po' ma non mi faccio fregare e tiro dritto sull'asfalto, alla faccia del caldo e della stanchezza.
A un certo punto appare lei, la fonte della meraviglia, splendido trivasche di acqua gelata tanto gradita quanto inaspettata; rinfresco le accaldate membra e il capo, riempio la borraccia e strizzo per l'ottava volta. Mentre lo faccio sopraggiungono due ciclisti che assistono stupefatti al rituale che voi ormai conoscete bene.
Manca poco a Berceto, poco più di due km. Ne risparmio un po facendo una scorciatoia (in piano) e poi l'ultimo tratto di sentiero che passa per un punto panoramico il cui raggiungimento consuma le mie ultime energie. Strizzo per la nona volta e faccio il record. Entro a Berceto strascicando un po i piedi e con quell'espressione che solo la grande stanchezza sa dare. La tappa più dura è alle spalle, solo questo conta.
Oggi niente animale totemico, nonostante io abbia incontrato il Mega-Lumacone e il famoso Millepiedi Molto Peloso. Oggi è una pianta il mio totem, è il rosmarino. Ne ho staccato un rametto a Bardone e me lo sono messo sulla bandana; ha fatto tutta la tappa con me ed io ho fatto molta attenzione a serbarlo ad ogni "giro di bucato".
Adoro il rosmarino, mi piace il suo profumo ed ogni volta che passo vicino ad una pianta non posso fare a meno di accarezzare i suoi rami e portarmi subito le dita al naso. Oggi quel rametto mi ha dato energia quando ero più spompato; so che farete fatica a crederlo ma ognuno ripone i propri sogni e le proprie speranze nei suoi amuleti, non è vero? E allora...
A Roma mancano 496,7 km e domani si scavalla la Cisa. Questo era il mio primo traguardo. Ora è tutta in discesa.
Let it roll, let it roll, let it roll.

venerdì 26 giugno 2015

Le sei strizzate e la lucertola spaesata

Borghetto - Sivizzano, 30 km, forse qualcosina in più.
Colazione spettacolo al Ciao Latte con roba fresca a km super 0. Poi Serena timbra la credenziale e si parte per la prima tappa appenninica. Io e l'austriaco stacchiamo subito i due francesi. Poi io stacco l'austriaco e il gruppetto si scioglie. 
Dovete sapere che ci sono molte Francigene, soprattutto qui nel parmense; sono almeno tre. Ieri le avevamo percorse tutte, ognuno la sua, ma a cena fortunatamente nessuno ha detto di aver fatto lui "quella vera"; l'importante in fodo è arrivare e farlo a piedi, tutto il resto è fuffa.
Oggi è successo lo stesso. A un certo punto mi sono voltato e ho visto l'austriaco girare ad un bivio diverso dal mio. Dio solo sa che strada hanno fatto i due francesi. C'est la vie, rien ne va plus, les jeux sont faits ecc ecc.

Fino a Costamezzana tutto in piano poi si inizia a salire, non troppo rapidamente, fino ad un crinale. La vegetazione cambia radicalmente ed è bello vedere qualche abete: sono le avvisaglie di quello che si vedrà nei prossimi giorni. È tutto asfalto ma le macchine sono veramente poche. Si scende nuovamente fra grano e girasoli (bellissimi) fino ad arrivare a Medesano. Il tempo di una Lemon-sosta e riparto. Comincia a fare caldo e i km da fare sono ancora tanti. La strada scende ancora fino a mettersi in parallelo con l'autostrada e il fiume Taro. Lasciarla per cominciare a passeggiare nel parco lungo il fiume, bello e selvaggio, è un vero piacere.
È qui che incontro l'animale totemico di oggi: trattasi della famosa Lucertola Spaesata. Non riusciva ad uscire dal sentiero, che era largo e pieno di vie di fuga; sembrava che non gliene andasse bene nemmeno una, si fermava un attimo, guardava, poi ripartiva di gran lena davanti a me. Si sarà fatta almeno quattrocento metri di sentiero con me e quattrocento metri per una lucertola medio piccola sono veramente tanti. Si narra di persone che sono state scortate per km da questo buffo rettilino a trazione integrale il che spiega perché viene comunemente chiamata Lucertola Pellegrina.
Seguo il fiume fino al ponte che lo attraversa e porta dritto dritto a Fornovo di Taro. Ci sono, sparsi per il paesello, degli schermi interattivi dedicati alla Francigena e alle altre attrattive naturalistiche della zona. "Bene" mi dico, "un posto dove hanno capito che l'Antica Strada è un ottimo veicolatore di turismo. Qui saranno tutti informatissimi".
E invece la ragazza del bar (seconda Lemon-sosta) non sa nulla, non sa nulla nemmeno la signora da cui compro la frutta e quando trovo il duomo e chiedo a zi' prete...non sa nulla nemmeno zi' prete. Il timbro con il pellegrino ce l'hanno quelli del circolo non so cosa a fianco della parrocchia ma lui non sa quando aprono. Gli estorco il timbro della parrocchia che a me basta e avanza e lo saluto. Come si dice: chi ha il pane non ha i denti.

Mi siedo sul gradino della facciata del duomo e libero i piedi. Oggi è necessario farli respirare che la tappa è lunga. Mangio, sotto lo sguardo curioso dei pochi passanti, una banana e due peschenoci, svuoto e ricarico la borraccia e parto con la volata finale. Sono 7,5 km soltanto ma sono le 13,30 e il gran caldo è salito in cattedra. Sembrano non finire mai, si va su strada, poi per il greto di un torrente demi-sec, poi di nuovo su strada. Intorno si aprono scenari bellissimi, calanchi, campi di grano su cielo blu intenso, alberelli isolati e balle di fieno; la mia macchina fotografica ha fame e quindi allungo la brodaglia fino ad avere i piedi cotti, fino alla sudorazione estrema, fino ad arrivare a Sivizzano, minuscolo e amabile borgo dove la Lemonsoda non è ancora arrivata per cui mi sparo un bicchierone di chinotto con ghiaccio che avrebbe fatto venire una sincope a qualsiasi essere umano ma non a un gigante amico delle basse temperature come me e visto che ci sono me ne sparo anche un altro. I love chinotto.
La giornata sarà ricordata come quella delle sei strizzate di bandana, attuale record del Cammino, ma, come si dice, the best is yet to come.
A Roma mancano 518,9 km e l'appennino incombe, oggi erano solo le prove generali. Vecchio scarpone quanto tempo è passato...

giovedì 25 giugno 2015

Pianura addio (e un Uccello Molto Sgraziato)

Fiorenzuola d'Arda - Borghetto, 24 km.
Tappa semplice e divertente quella di oggi con parecchio asfalto (ma di strade secondarie) e passaggi fra tratturi e sterrati. È l'ultima tappa del tratto Padano e in fondo ne sono felice: pur avendo visto tante belle cose e avendo assaporato un habitat che mi intrigava e mi incuriosiva da parecchio, sono contento di lasciarmelo alle spalle. Alla lunga è un luogo che può risultare ripetitivo fino all'ossessione , almeno per me che sono montanaro e mi piace osservare le cose da una certa altezza. Per cui addio risaie, addio aironi, addio pannocchie e addio rane: da domani si va in collina.

Ma torniamo a oggi. Mi sono svegliato prestissimo e alle 6,40 ero già fuori. Sono stato con Emilia solo per un km o poco più, poi ho svoltato a destra e mi sono avventurato fra i campi. Bye bye baby.
Fra sterrate e stradine di campagna sono arrivato fino a Castelnuovo Fogliani dove c'è un bellissimo castello che fu ristrutturato da Vanvitelli, quello della reggia di Caserta. Ovviamente era chiuso.

Proseguendo ho incontrato l'animale totemico di oggi: trattasi dell'Uccello Molto Sgraziato, pennuto assai riservato che vive nascosto negli alberi per celare al mondo le sue fattezze e ché è facilmente riconoscibile dal suo verso fastidioso e costante, qualcosa tipo una mitraglietta gracchiante e slabrata.
Un cavallo ha cercato di rubargli il posto venendomi incontro in un prato ma poi, altezzoso come tutti i cavalli, ha girato il muso dall'altra parte e ha perso un'occasione. 

Il percorso è continuato in questa simpatica alternanza di sterrato e asfalto passando fra cascine abbandonate, fattorie attive e qualche antica casa nobiliare tipo Villa Oppi (malsana stamberga dotata di torrette, numero n di camere, viale alberato, vigne e piscina).
Per la cronaca oggi Magritte ha preso un giorno di ferie lasciando la gestione dei pennelli per il cielo ad uno sconosciuto minimalista dal tocco delicato e dalle linee ardite. Molto bravo a mio avviso.
Arrivo a Fidenza alle 11. Mi prendo il mio tempo per visitare il bellissimo duomo e per sgranocchiare la mia dose giornaliera di mandorle e albicocche secche. Po di nuovo con Emilia per poco; la saluto affettuosamente e prendo la strada che punta dritto conto le colline. 
In poco meno di un'ora arrivo alla fattoria Ciao Latte dove il mio giaciglio mi attende. Bisogna riposare, i tre giorni a venire saranno i più duri dell'intero Cammino: si affronta l'appennino, mica bruscolini.

A Roma mancano 549 km. Che lo sforzo sia con me.

mercoledì 24 giugno 2015

In acqua, nel cielo, con Magritte

Piacenza - Fiorenzuola d'Arda, 25 km; il giorno dell'acqua.
La via Emilia, forse l'ho già detto, è una sorta di nervo teso che attraversa e taglia in due la Pianura Padana e ne tiene unite tutte le città, tutti i paesi e tutte le locali culture. Si, perché l'Emilia Romagna è un crogiuolo di popoli, di dialetti e di modi di fare così diversi gli uni dagli altri che senza una direttrice unica, una sorta di (strada) maestra avrebbero finito per bisticciare per sempre. 
Certo, percorrerla a piedi può risultare faticoso, fastidioso e feroce, tre F che insieme possono condurre alla Follia. Eppure per uscire da Piacenza bisogna farlo, bisogna arrivare fino a Pontenure e oltre,  bisogna tapparsi il naso per non respirare i miasmi degli scarichi dei camion e bisogna inventarsi una "zona pedonale" dove non esiste. 
Sono stoico, sono motivato e resisto, resisto fino al cippo che ricorda il partigiano Giuseppe, trucidato proprio lì, sulla via Emilia. Mi fermo a carezzare quella foto antica, quel giovane di soli venti anni con gli occhi un po tristi che sicuramente meritava un futuro migliore; un futuro e basta.
È lì che lascio Emila proseguire dritta  e infinita e mi infilo nei campi.

Il manto grigio del cielo che alle 7 sembrava promettere compatto pioggia e tempesta improvvisamente si frantuma, si divide in tanti piccoli pezzi che vanno a posizionarsi candidi nella tavolozza monocromo blu del cielo, come se ci fosse Magritte a capo del servizio metereologico locale. Il verde delle piante di pomodoro e del granturco e il giallo del grano non fanno che armonizzare il tutto ed è come camminare in un quadro. Pochi rumori, sporadiche macchine poi anche l'asfalto minore finisce e si va per i campi.
Ma oggi è il giorno dell'acqua, ve l'ho detto, e non si può scampare.

Il primo guado è del Chero, un fiumiciattolo che probabilmente d'inverno ha una qualche consistenza ma che ora è poca cosa. Neanche mi tolgo le scarpe, cammino sui talloni e attraverso tranquillo; aver comprato le scarpe in goretex si rivela una mossa azzeccata e quel poco di acqua che imbarco si asciuga subito.
Il secondo guado è qualche km più in là, giusto il tempo di scattare trecento fotografie a questo cielo che sembra immobile come un set cinematografico e rende ogni inquadratura un capolavoro. Trattasi del torrente Chiavenna, leggermente più ampio del precedente ma pur sempre modesto. Entro in acqua senza curarmi della profondità: la temperatura è salita, i piedi cominciano a bollire e una rinfrescatina non potrà che fargli bene.
Mi sento come un bambino che sguazza felice nelle pozze lasciate da un temporale, incurante delle raccomandazioni materne sul non inzupparsi le scarpe e non sporcarsi i vestiti puliti. Il mio cuore regredisce e mi faccio una sonora risata. Non sarà l'ultima.

Proseguo il cammino, attraverso il complesso abbandonato della Spezieira e dopo poco vedo, da lontano, un potente getto d'acqua attraversare il cielo in un ampio arco: un grosso idrante agricolo sta annaffiando un campo di pomodori. Mano a mano che mi avvicino lo vedo meglio, seguo il tragitto del suo lento spruzzare e, lentamente, la Follia di cui sopra si manifesta. 
Il getto arriva a bagnare anche la sterrata ed io, che ormai mi sento Poseidone, mollo lo zaino in zona protetta, allargo le braccia, alzo il viso verso il cielo e attendo che la pioggia artificiale mi prenda, una, due, cinque volte. Urlo, prima di stupore, perché l'acqua è fredda, poi di gioia, perché il bambino che è in me ha preso il sopravvento e non se ne andrebbe mai da quel gigantesco parco giochi.

Ma ogni bel gioco dura poco, si sa e Fiorenzuola è solo a due km. Tempo di andare, di chiudere la tappa. Con i vestiti totalmente gonfi d'acqua mi rimetto lo zaino e dopo mezz'ora entro in paese, completamente asciutto. Lemon-sosta.
L'animale totemico di oggi è l'asino. Ne ho incontrato uno oggi; era in un campo recintato, insieme (ma a distanza) a due caprette. Ci siamo guardati per qualche secondo poi io ho semplicemente detto "ciao Ciuchino" e lui è venuto da me a farsi accarezzare la testa e il muso. Aveva degli occhi bellissimi ed io adoro gli asini.
A Roma mancano 572,5 km. Gli elementi sono con me; avere gli alleati giusti è importante. Come cantava Peter Gabriel "water all over me".

lunedì 22 giugno 2015

Sigerico, Caronte e il Po

Orio Litta  - Piacenza 18 km.
Ci vuole  una quarantina di minuti ad arrivare fino all'imbarcadero di Corte Sant'Andrea e Danilo, il Caronte della barca di Sigerico, mi ha dato appuntamento alle 9,15 per trasbordarmi al di là del fiume così me la prendo con calma visto che c'è un cielo a pecorelle da cartolina e il terzo occhio (la mia macchina fotografica) ha sempre fame di immagini. 
Quando arrivo all'argine il Po mi si presenta in tutta la sua maestosità; scorre lento e saggio nel suo ampio letto verso il suo fine ultimo :il delta. È un fiume grande, con un passato ricco, fatto di storie e ricordi che gli vengono consegnati dai suoi molti affluenti e che ne fanno uno dei simboli di questo paese.
Pensate che c'è anche qualche decerebrato che ne usa l'acqua per riempire un'ampollina che sverserà poi in laguna a Venezia in modo da distogliere l'attenzione di altri decerebrati dal suo commette nefandezze e latrocinii ai danni dello stato e dei decerebrati stessi. Ma questa è un'altra storia, una triste.

Torniamo a Corte Sant'Andrea: anticamente era qui che i pellegrini attraversavano il Po per proseguire il loro Cammino fino a Roma e oltre. Allora probabilmente c'era uno zatterone sospinto a  forza di colpi di pertica, ora c'è un meno romantico motoscafino ma la gioia di navigare il grande fiume per 4 km è comunque tanta. Danilo a traversata conclusa mi ha portato a casa sua dove mi ha fatto priempire con alcuni miei dati un librone su cui segna tutti i pellegrini che passano con lui quelle acque. Mi ha messo anche il timbro sulla credenziale e mi ha dato un paio di consigli sulla strada fino a Piacenza.
Non è molta ma è tutta su asfalto a parte i primi due km lungo il fiume. 
Si incontrano piccoli paeselli e qualche fattoria ma si capisce di essere in un altro ambiente rispetto ai giorni precedenti: niente più risaie ma grano, pomodori e altro (immancabile il pannocchiame).

Entrare in una città a piedi non è mai semplice e qui c'è da affrontare un lungo e trafficatissimo tratto di via Emilia, camminare lungo il ponte sul Trebbia con i camion che ti sfecciano accanto e ti fanno vacillare con lo spostamento d'aria. 
Poi per fortuna il grosso del traffico si sposta su una tangenziale e si può entrare dritti dritti a Piacenza con maggior tranquillità.. 
Lungo la strada, due cippi ricordano alcuni eroici partigiani uccisi dalla barbarie nazifascista. È sempre un colpo al cuore pensare a queste persone che hanno dato la vita per la salvezza di questo paese e che ora vedono i loro sacrifici vanificati da decenni di malapolitica, di malaffare e di malagente.

L'ho detto all'inizio, tappa breve per cui poco da dire. L'animale totemico di oggi è il biscione (non quello laido di Arcore).  Stamane ben due me ne sono passati davanti con il loro sinuoso ondeggiare. Non è che vada proprio matto per i serpenti ma il loro movimento è molto affascinante e ipnotico (se osservato a distanza).
A Roma mancano 598 km. Domani riposo e si zaza per Piacenza. Relax.

domenica 21 giugno 2015

Welcome to the jungle (pasturando la Padana)

Santa Cristina - Orio Litta 18 km.
Tappa molto breve e leggera, quasi tutta su asfalto a parte il primo e l'ultimo tratto. Ecco, partiamo dal primo: avevo già approfondito l'argomento "lasciare la via vecchia..."  ma siccome non ero soddisfatto dellle precedenti conclusioni mi trovo costretto a ribadire. Il fatto è che seguo un po' la mia guida e un po' l'app di Sloways che spesso dissentono. Oggi, pochi metri dopo la partenza già bisticciavano e io ho voluto dare fiducia al cartaceo. Bene, sapete che ultimamente il machete va di moda:ecco, a me ne sarebbe servito uno stamane perché farsi quasi due km su un sentiero che di fatto non esiste può risultare estremamente periglioso.

Sono impensabili le escoriazioni che una fitta giungla padana incarognita può provocare. La mia "spiritualità" è stata messa a dura prova e sono riuscito a trattenere un paio di moccoli proprio sul limitar dei denti. Amen.
Ritrovata la sterrata maestra tutto è andato molto meglio se esludiamo l'assalto incrociato di varie specie di insetti antropofag ievidentemente attirati dall'odore di sangue fresco.

Dopo pochi km sono arrivato a Chignolo Po, anonimo paesino dove fa bella mostra di se il Castello Procaccini.
È li davanti che incontro nuovamente i tre teutonici dell'Ave Maria che anche stavolta non vanno oltre la solita alzata di mano. Chi invece è molto affettuoso è Antonio, pellegrino nostrano che sta facendo l'antica strada da Canterbury, in più riprese e due volte ostacolato da operazioni al ginocchio (ma il tempo non conta, non è una gara). Ci facciamo due chiacchere e alla fine il selfie è d'obbligo.

Il tempo di attraversare il Lambro e sono di nuovo fra i campi. È un tratto breve, una quindicina di minuti ma è bellissimo. Ai bordi ogni tanto spunta una colonnina con una piastrella di ceramica su cui è disegnata la sagoma del pellegrino e anche sul sentiero ci sono alcune mattonelle scolpite con lo stesso disegno. Siamo vicinissimi al Po, non lo si vede ma si percepisce la sua ingombrante presenza. Un cartelo recita "Transitum Padi": è lì ad indicare lo storico punto di attraversamento del fiume. Ma questa è una storia di domani, dovete aspettare. Il sentiero curva verso il piccolo paese di Orio Litta ed è lì che finisce la tappa di oggi.
Questo viaggio può anche riservare delle giornate mezze storte o storte del tutto ma la ricchezza che da è la migliore cura contro agni malanno. Sono in camminp da 12 giorni eppure la partenza dal Monginevro mi sembra così lontana. Il tempo scorre diversamente mentre si è in Cammino, non percezione di se, cancella giorni, date e lascia solo la luce a fare da metronomo: alba e tramonto, gli unici riferimenti disponibili, i soli necessari.
Roma è lontana ancora, circa 615 km e io non ho fretta. 
Welcome to the jungle.

sabato 20 giugno 2015

La Lemon-sosta e un Insetto Brutto Brutto

Pavia - Santa Cristina, 27,9 bloody km.
Non dovrei scrivere nulla perché la tappa in se è stata 1-noiosa 2-faticosa 3-asfaltosa.
Uscire da Pavia è lunga. Sono stato bravo e alle 6,50 ero già fuori, però poi...
Poi Pavia deserta era ancora più bella... e che non le fai due foto?  
Poi il cao ha voluto che la strada passasse vicino al cimitero monumentale...e che non ci fai un giro?
Insomma, ho vanificato tutto il vantaggio accumulato e l'ho scontata alla fine.
Comunque: dalla periferia di Pavia a Belgioioso è tutto asfalto. D'accordo, tutte strade secondarie con traffico ridotto al lumicino ma sempre di asfalto si tratta e io, si sa, lo digerisco poco. Ho tolto le scarpe e ho messo i sandali, almeno mi abbronzo pure un po' i piedi che l'abbronzatura mi arriva sopra la caviglia e sembra che ho due calzini bianchi. 
Ai lati della strada risaie e mais, nulla cambia nell'immobile Padana a parte il fatto che finalmente si cominciano a vedere le barbe viola delle pannocchie in divenire.
A un certo punto, seguendo un impulso incontrollabile, cerco Shine on you crazy diamond su you tube e trovo un mix che unisce parte 1 con parte 2. La lancio e dopo 23 minuti e 26 secondi esatti entro nel paesello. Sembra fatto apposta ma non lo è; è la magia del diamante pazzo, punto e basta.

Belgioioso non è neanche male: c'è un bel castello (che ve lo dico a fa, in fase di restauro indi chiuso) e approfitto della lemon-sosta per farmi timbrare la credenziale da zi' prete che mi guarda un po strano (premetto che sfoggio canottiera tattica con tatuaggioni belli in vista e capezza col sole e ambra del Chapas) ma non commenta.
Riparto dal ridente paesello ed è di nuovo asfalto. Qua e la piccole chiesette (chiuse), l'indicazione di un fantomatico Carpodromo (sedicente laghetto di pesxa) e gli immancabili aironi, leprotti e farfalle, di cui alcune piccole e blu che fanno branco e rallegrano il pellegrino con i loro giochi volanti. L'animale totemico di oggi però è un altro, è l'Insetto Brutto Brutto, mitologico essere alato dato per estinto da secoli ma ancora vispo e vegeto nelle risaie del pavese. Sue peculiarità: la ferocia del suo morso e la strategia di attacco da tergo che spiegano i 5 giganteschi ponfi che mi ritrovo sul collo.
Siamo ai tre quarti del percorso quando improvvisamente si lascia la strada per l'agognata sterrata. "Finalmente" penso e nel momento stesso in cui finisco di formulare il mio pensiero la sterrata gira a destra e diventa una via di sabbia e lo rimane per tutto il tempo necessario a circumnavigare una cava (di sabbia ovviamente) e di tempo ce ne vuole. Ora, avete presente che cosa vuol dire camminare con i sandali sulla sabbia vero, con i granelli che si affezzionano ai tuoi piedi e non li vogliono mollare più più più., vero? Il sole cuoce, di alberi nemmeno l'ombra e fermarsi a cambiare calzatura richiederebbe delle energie che non ci sono, quelle rimaste sono al lumicino. 
Mi faccio forza e avanzo sgrullando ogni tanto le povere appendici, fino ad arrivare alla chiusa rumorosa, dove finalmente il terreno torna praticabile. Sono ormai le due: mangio la banana, finisco l'acqua e via per il rush finale. Sulla cartina sembra poco e pure a vista si ha la stessa sensazione: Santa Cristina è là, si vedono il campanile e i tetti emergere dal pannocchiame, si possono quasi toccare ma la sterrata infame zigzaga, curva e ricurva, fa di tutto per allungare la brodaglia e non lasciarti andare. Fa caldissimo, sole a picco, le spalle sono provate dallo zaino e dai raggi uva, i muscoli delle cosce mandano il may day ma alla fine il paese si spalanca al pellegrino e io posso fare la mia seconda lemon-sosta al bar cinese e cantare vittoria per un'altra tappa portata a casa.

A Roma mancano ora 616 km e spicci. Shine on.

venerdì 19 giugno 2015

Quando non sai che fare segui il fiume

Tromello -Pavia, 28 km. 
Una giornata lunga, calda e umida ma piena di belle cose. Andiamo con ordine.
Sono uscito da Tromello che erano le 7,30 (mi sto sforzando a muovermi alle 7 ma ancora non ce la faccio, eheheh) Dopo poco sono già fra i campi e le risaie, ormai il mio habitat naturale. Incontro quasi subito il mio animale totemico di oggi: il coniglio. Prima me ne passano due davanti balzellon balzelloni, poi l'incontro ravvicinato:  lui è proprio piccolo, minuscolo, un microbo con le orecchie lunghe, è così piccolo che si vede appena nell'erba, è così piccolo che non ha paura perché quando si è così piccoli la paura neanche si conosce.  Muove le guanciotte ruminando qualcosa e mentre lo fa io tolgo il tappo all'obiettivo, inquadro e scatto una, due volte. Lui immobile. Guardo la foto: troppo scura. Aggiusto l'esposizione pensando "adesso appena lo metto a fuoco scappa" e invece no, mi lascia il tempo di scegliere con cura l'inquadratura e di scattare poi, sempre con calma, si gira e si infila nel cespuglio. Io adoro i conigli e adoro anche le lepri, sono gli unici animali che  non rientrano nella mia alimentazione, è più forte di me. Probabilmente quello che ho immortalato era un coniglietto particolarmente sensibile e sentiva, dentro di se, che non gli avrei fatto del male per niente al mondo.

Salto il passaggio a Garlasco optando per il più interessante Santuario della Madonna delle Bozzole ed è come entrare a Spectre, la minuscola cittadina del film Big Fish di Tim Burton (uno dei miei film preferiti in assoluto). Visito la chiesa accolto dal sorriso delle due signore che ne stanno pulendo l'ingresso. Su loro indicazione (sempre col sorriso) mi dirigo all'attiguo bar per apporre il timbro sulla credenziale e qui conosco Cesare, che di Francigena ne sa abbastanza ma non conosce la App Sloways che mappa tutto il percorso e ti fa vedere dove sei (molto utile per non perdersi nella risaia). La scarica in tempo reale e mi regala una lemonsoda che è ormai diventata compagna insostituibile delle mie soste. La bevo continuando a chiaccherare con lui poi riprendo il cammino. 
Arrivo a Gropello Cairoli e lo attraverso veloce: nulla di rilevante. Poi sono di nuovo in risaia. Il caldo sale insieme al sole e si fa sentire ancher un po' di umidità che ieri non c'era. Il paesaggio però ripaga la fatica e quando arrivo a Villanova d'Ardenghi (un'altra Spectre) si è fatto mezzogiorno e mi tocca dare un po' di benzina ai muscoli; mandorle, albicocche secche, banana, un po' di pane e acqua fresca. Libero i piedi perché anche loro hanno diritto ad una mezzora d'aria quindi riparto per il rush finale.

È la parte più bella del giorno, quando improvvisamente abbandonando la stradina desolata incontro il grande fiume: il Ticino. Gli ultimi 10 km si snodano dolci lungo le sue sponde, in un sentiero circondato da vegetazione lussureggiante. Il caldo è salito ancora e un bagnetto ci starebbe tutto ma non posso tardare perché stanotte dormo in una stanza trovata su airbnb ed ho appuntamento con i tipi (e poi se mi fermo non riparto più, sacrosanto). Così continuo ad arrancare, un arrancare piacevole, non c'è che dire e mi concedo anche una seconda limonata in un chioschetto bordo fiume dove ascoltano Bowie (ci provano in tutti i modi a farmi desistere). Gli ultimi 5 km li faccio stringendo un po' i denti ma alla fine il Ponte Coperto si mostra ai miei occhi e finalmente entro a Pavia.
Roma ora è un po' più vicina, solo 653 km. L'importante è fare come l'acqua del grande fiume: seguire il corso e diventare corrente.  Splash.

giovedì 18 giugno 2015

L'inquietudine delle libellule

Nicorvo -Tromello, 26 km. Il paesaggio è sempre quello, risaie a perdita d'occhio e se non son quelle son pannocchie. Il sole resta per un paio d'ore dietro una sottilissima coltre di nubi il che non mi dispiace neanche tanto: luce diffusa ottima per le foto e zero caldo.
Arrivo a Mortara velocemente e senza incontrare pellegrino alcuno; è un paesone senza particolari attrattive a parte l'abbazia di S. Albino che si trova proprio ai confini. Faccio una breve visita, metto il timbro sulla credenziale e ne approfitto pure per fare una sosta e rifocillarmi. Trecento metri di asfalto e si torna fra i campi.
C'è una cosa che non vi ho detto di questo territorio che è anche il motivo per cui mi affascina tanto: trasuda inquietudine. Questo spazio ampio e desolato, da cui spuntano come scheletri di dinosauri le antiche cascine parzialmente o totalmente abbandonate mi mette addosso una sorta di oscura agitazione. Un tempo in quelle strutture vivevano fino a 250 persone (un condominio) più le bestie (vacche, pecore, pollame assortito e maiali). Dovevano essere posti rumorosi ma non dei rumori di oggi, quelli fastidiosi e assordanti, di quelli di un tempo, quelli rurali. Ora bene che vada una parte di quei casolari è abitata da una famiglia minima e i cortili e le stalle servono come ricovero per trattori ed altre macchine agricole ma spesso non c'è più nemmeno quello, c'è solo il silenzio, il silenzio e il rumore del vento. È lui l'unico a far vivere ancora quei luoghi, facendo sbattere una finestra, infilandosi in buchi e fessure per giocare a fare l'organista, a suonare melodie scordinate e cacofoniche. Oltre a questo nulla, il silenzio appunto. Ma il silenzio, a volerlo ascoltare, ha molto da dire, John Cage lo sapeva bene e il silenzio che c'è qui è fatto dei mille pensieri, mai morti, della gente che per generazioni ha vissuto e lavorato qui: i fattori, le mondine, gli agricoltori e tutte quelle persone che in questi microcosmi hanno trascorso la loro esistenza. È questo ad inquietarmi (nell'accezione positiva del termine), il rumore della storia, del tempo che fu. Spesso mi giro di scatto a guardare la risaia, convinto di aver colto con l'estrema coda dell'occhio un movimento, il chinarsi di una schiena, il braccio di una donna che strappa la piantina dall'acqua. Di fatto li vedo, li percepisco, ma non sono reali se non nel mio sentire e tanto mi basta.
Ognuno ha un pizzico di follia congenita, io ho la mia. Se sapessi scrivere noir ne ambienterei sicuramente uno qui ma non sono Simenon, lo so (e nemmeno voglio eserlo).
Tromello è un altro di quei paesi sperduti nella piana, fatto di vecchietti che giocano a carte fuori dal bar e di case base e spesso vuote. Mi ha accolto bene, con una limonata fresca, il timbto sulla credenziale e una spilletta ed una pergamena della Francigena. Non c'è che dire: accoglienza pellegrina in guanti bianchi.
Il mio animale totemico di oggi è la libellula, il Dragonfly, curioso insetto a quatro ali motrici. Non mi è mai stata molto simpatica, il suo volare disarmonico mi destabilizza e mi inquieta, come la risaia, l'ha sempre fatto. Oggi però la bestiolina, anzi, le bestioline hanno guadagnato punti: mi hanno accompagnato discrete e divertenti, mi hanno regalato i loro colori sgargianti e le loro geometrie volanti tenendosi a debita distanza. Non lo dimenticherò.
A Roma mancano circa 680 km, l'è ancora lunga. Zitto e cammina, cammina e cammina.

mercoledì 17 giugno 2015

Io, le rane ed Esther Williams

Oggi tappa bellissima: Vercelli - Nicorvo, più o meno 25 km. Il tempo è stato splendido e camminare lungo il Sesia su sterrati e tratturi è stato estremamente rilassante. 
Un cielo azzurro intenso e nuvole da fumetto hanno catturato i miei occhi e quello della mia macchina fotografica ed è stato inevitabile sostare spesso e volentieri per qualche bella inquadratura e mettere un passo dpo l'altro senza fretta per cogliere ogni appetibile scorcio.

Compagne fedeli di tutta la giornata, le rane. Il loro gracidare sommesso è stata la colonna sonora costante del mio lento incedere. 
Buffi animali le rane, se ne stanno lì in fila sugli argini delle risaie a oziare e a catturare un insetto ogni tanto; sembra che nessuno possa infrangere il loro status di quiete, imperturbabili gonfiano il collo e fanno "Cra". Poi, appena sentono la mia scarpa spostare casualmente un sassolino, terrorizzate si tuffano una dopo l'altra in acqua come se fossero in un film con Esther Williams, avete presente Bellezze al bagno? Ecco. 
Hanno paura. Hanno paura di me. Ora: è vero che una volta mi sono mangiato mezza fiamminga di rane fritte ma da qui ad andare ad acchiapparle con le mie mani ce ne passa. Dovrebbero stare attenti agli aironi, loro si che sono voraci e, a differenza di me, non hanno nessun problema ad entrare con le zampe nella risaia, anzi ci sguazzano. Rana avvisata, mezza salvata.

La prima tappa è stata Palestro ma mi sono limitato ad osservare il campanile della chiesa e i tetti da lontano. Non volevo abbandonare il sentiero e soprattutto allungare di un paio di km. È li che ho visto per l'ultima volta i Tre dell'Ave Maria, i non proprio simpatici pellegrini teutonici che avevo incrociato un paio di volte. Loro si sono inoltrati verso il paesello e arrivederci al secchio. 
Per il resto ho passato la tappa in Solitudo, cosa che di gran lunga preferisco. Sono arrivato a Robbio a mezzogiorno e mezza e ho fatto una doverosa sosta scoperchiando i piedi e mangiando le mie mandorle e la mia barretta. Due signore mi hanno squadrato come fossi un profugo ed ho sentito tutto il triste peso della realtà  che stiamo vivendo. Mi è quasi venuta voglia di "faje bu, pe metteje paura" come cantava Bisio anni fa, ma nun se meritavano manco quello. 
Mi sono rimesso calzini e scarpe e sono ripartito per l'ultimo tratto fino a Nicorvo, il paese fantasma. 
Lontano da tutto, ma proprio sulla via Francigena, sta cercando di trovare il suo posto nel mondo. Certo il bar poteva essere aperto ma non si può pretendere la luna.. Ad essere aperta era invece "la Madonnina" una minuscola cappella dove c'è un libro per lasciare un pensiero e il timbro da mettere sulla credenziale. Ora che ci penso, al momento è l'unica chiesa sempre aperta in Italia...forse al mondo. Che poi è come mi sono sempre immaginato una chiesa...come l'avrebbero voluta il Cristo e San Francesco. Lo so, sono il solito sognatore ma, come cantava la bellissima Debbie Harry, "Dreaming is free". The last free thing aggiungerei io.

A Roma mancano 707 km, centimetro più, centimetro meno. Ce la posso fare.
Cra, cra, cra......

martedì 16 giugno 2015

Vialone Nano e Giove Pluvio

Saluggia -Vercelli, roba di 32 km  circa. Si inizia su strada ma dopo pochissimo ci si addentra su sterrati che lenti e silenziosi si muovono fra le solite pannocchie, il solito grano, i soliti canalini con l'acqua che va in tutte le direzioni grazie a sapienti giochi di livelli, di chiuse e chiusini, di sapiente lavoro di secoli che è ancora lì a testimoniare l'arte contadina.
Arrivo a Lamporo, un piccolo paese tutto dritto e diviso in due da un canale. Regna il silenzio e l'aria è carica dell'odore del letame. Un micio nero nero pellegrina con me per un po ma si stanca subito, si sdraia e chiede una razione di coccole, come se fosse un pedaggio da pagare. La ottiene.
Continuo a camminare lungo il canale fino alla fine del borgo e appena fuori improvvisamente il paesaggio cambia, il terreno si riempie d'acqua e le piante rimpiccioliscono fino a sembrare un prato bagnato: benvenuti nella risaia!!!

È un luogo magico, a sé stante: il paesaggio si colora del bianco e del grigio degli aironi e si popola di quei bellissimi esserini volanti e pigolanti che sono i Cavalieri d'Italia. Sono animali schivi e sospettosi, spalancano le loro ali e volano più in là appena ti sentono arrivare. Fotografarli è praticamente impossibile ma il mio medio-tele riesce comunque a catturarne qualcuno. 
Nonostante il caldo sia forte (il sole è uscito prepotente) e gli zanzarini siano una piaga di biblica memoria,  il camminare è veramente piacevole e verrebbe voglia di perdersi fra i tanti sterrati che si incrociano nell'enorme spianata coltivata a riso...e di fatto succede. È soltanto un modo di procrastinare, di rimandare l'inevitabile perché là, in fondo al campo e al riso, c'è la provinciale ad attendermi, 22 km crudeli di asfalto per arrivare fino a Vercelli. È la tempesta dopa la quiete, in tutti i sensi: dopo pochi chilometri sento uno strano rombo alle mie spalle, mi giro e un coso nero fatto di nuvole ammucchiate a casaccio mi segue, mi tallona, mi raggiunge e mi abbraccia affettuoso e bagnato. Fulmini, saette. Riparo in una specie di casolare abbandonato e aspetto. Aspetto. Aspetto. Di farmi piovere addosso oggi proprio non mi va per cui... aspetto.
Lo faccio sfogare ben bene in modo che non ne rimanga più per un eventuale richiamino (si sa Giove pluvio è un gran burlone e c'è da aspettarsi di tutto e di più). Poi è di nuovo asfalto, con le gambe che si fanno pesanti, i piedi gonfi e le spalle segnate dallo zaino.

La strada non ha pietà, no, il traffico non ha pietà e necessita del suo dazio in sangue, sangue animale e così due ricci, un grosso volatile non più identificabile e un serpente sono il triste resoconto di questi chilometri.
Vercelli si apre devanti a me bagnata e fredda e io mi ci infilo sotto una pioggerellina London style di quelle che non sembra ma ti inzuppano ben bene. Aaargh, e io che avevo già messo via la Santa Mantella!!!! Giove, Dio pagano e demoniaco, mi hai fregato un'altra volta.
Ora a Roma mancano 728,1 km, keep on rocking, baby.

La risaia sconfinata

http://www.youtube.com/watch?v=9jDEgsvoRSQ&sns=em

lunedì 15 giugno 2015

Si riparte con grinta e mannaggia a zi prete

Sembrava dovesse venire giù il mondo, nuvole grigie come il piombo e invece dopo il passaggio del Po e abbandonata la strada per un lungocanale fangoso l'azzurro un passo alla volta ha preso il sopravvento. Tutta la tappa si è svolta tranquillamente fra campi di grano e di mais, fra piccoli canali e chiuse gorgoglianti acqua. Ho dovuto scavalcare due fossi e in uno per poco non ci rimettevo la faccia (colpo di reni e ho avuto la meglio sul fango). Poi ancora avanti fra sterrati, tunnel sotto la ferrovia e boschetti d ibetulle che ti riempiono di pace. Sono arrivato a Saluggia presto (ero partito alle 7.30) e sono andato in cerca della parrocchia di San Grato. Con mia grande sorpresa ho scoperto che il nuovo parroco, pur avendo a disposizione alcune stanze, non faceva più accoglienza pellegrina. A dirmelo è stata una signora delle pulizie dal cuore tenero che gli piangeva per questo inspiegabile cambiamento. Il precedente parroco era invece molto ospitale e probabilmente avere gente intorno rendeva meno noioso il lavoro della donna. Alla fine mi ha detto "tu stai facendo una cosa bellissima. Te lo metto io il timbro anche se non potrei"
Fa tristezza sapere che delle stanze rimangono inutilizzate, che questo sentiero storico non è tenuto nella giusta considerazione proprio da coloro che più di tutti dovrebbero sentirlo vicino. Amen.
Domani è un altro giorno.

sabato 13 giugno 2015

Io, la farfalla e le suorine

Quinta tappa. Torino - Gassino Torinese 15 km. Me li sono bevuti, una piacevole camminata sempre ai bordi di fiumi e canali. Non molto da dire, ho visto una farfalla enorme e meravigliosa, un airone cinerino e il meteo mi ha graziato. Uscire da Torino attraverso un parco bellissimo con la nebbiolina che giocava a nascondere la basilica di Superga è stato emozionante. 
Arrivato a Gassino sono andato alla Casa di Riposo "Figlie della Sapienza" per farmi mettere il timbro sulla credenziale. Le suore mi hanno accerchiato aggiungendosi l'una alle altre e offrendomi caffè, acqua, opuscoli, e quando ho detto loro che dovevo tornare a dormire a Torino hanno cominciato ad insistere, a mostrarsi dispiaciute. Lo dico con simpatia e profondo rispetto: mi sono sentito come Ted Neeley in Jesus Christ Supestar nella scena dei lebbrosi (o come Ripley in Alien 2). Alla fine sono riuscito a guadagnare l'uscita e a prendere il bus per tornare a Torino. 
Domani giorno di riposo poi la sera arriverò a Gassino per ripartire da lì lunedì. 
Nothing more to say. Bye

venerdì 12 giugno 2015

Le gocce cadono ma che fa

Quarto giorno di cammino, da Sant'Ambrogio Di Torino a Torino, più o meno 22 km.
Una sola parola: pioggia. 
Ha iniziato due secondi dopo aver cominciato a camminare e ha smesso appena arrivato a destinazione. Carino da parte sua vero?
Detto questo la tappa è iniziata con il bar Tritolo alla periferia di Avigliana allestito in una ex dinamiteria (non ho consumato nulla) ed è proseguito lungo l'amena Strada Antica di Francia, via poco trafficata e costeggiata da campi coltivati a mucche. La strada incontra nel suo lungo andare la bellissima (almeno da fuori...in quanto chiusa) abbazia di Sant'Antonio di Ranverso, una sorta di crocevia pavimentato a ciottoli fuori dal tempo (il crocevia, non i ciottoli). Mi fermo a fare qualche foto approfittando di un breve momento di tregua elargito da Giove Pluvio poi riparto e due bimbini massimo quattordicenni che corrono mi si fanno incontro; uno dei due mi fa 
"ma che fai, birdwatching?" 
Io tutto serio avvolto nella mia mantella da Igor rispondo "no, faccio la Francigena"
"e cos'è?" 
"un'antica strada"
"ah. E fin dove arrivi?"
"fino a Roma"
"boia Faust"

La strada e la pioggia continuano fino a Rosta; sottopasso la stazione e mi inerpico sulla salita che porta verso Rivoli. Le macchine sono poche e gli automobilisti cortesi (o forse solo intimoriti dalla mitologica figura dello Gnomone Blu della Val Susa), rallentano, si allargano per evitare le pozze e io nel mio cuore penso "lo vedi, pensi sempre male" 
Poi c'è un incrocio, ci si immette sulla Provinciale in discesa e tutto cambia vertiginosamente. 
Una vita a correre in una scatola colorata indifferenti al circostante tutto. Che poi dove cavolo dovrete mai andare così di corsa, a salvare il mondo? Io ve lo dico, la terra, le strade (soprattutto questa) le hanno percorse a piedi, a cavallo, in carrozza i vostri bisnonni, i vostri avi, la vostra dannata famiglia nel corso dei tempi che furono: dovreste portare un po' di rispetto almeno per questo. Ecco, l'ho detto.
Arrivo a Rivoli, le indicazioni mi fanno attraversare la parte alta ed improvvisamente è come trovarsi a Montmartre. Bello bello bello (nonostante la pioggia); ci sono pure le scalette, i balconcini, l'edera sui muri e il pavè. Ho il cuore in festa, piovesse pure, sono in uno stato di grazia!!!! Poi arrivo sulla piazzetta principale e....e mi rendo conto che Parigi è lontana.anni luce: la piazza è assediata dalle macchine parcheggiate che ne deturpano la bellezza. Mi rimane una triste considerazione: abbiamo il pane ma non abbiamo i denti, nemmeno la dentiera. Il senso del bello che pervade il nostro paese è sotto scacco delle industrie automobilistiche e non c'è la volontà (figuriamoci il coraggio) di cambiare la situazione. E allora continuiamo ad essere così pecioni, così ultimi nel saper gestire un patrimonio culturale; è la cosa che ci riesce meglio, il nostro sport preferito (e scusate il pistolotto).

Il resto è solo il lungo rettilineo di Corso Francia, giù, fino a Torino.  
A Roma mancano 805,6 km.
Daje.

giovedì 11 giugno 2015

La Sacra... e il profano

Terzo giorno: da Susa a Sant'Ambrogio di Torino, 30 km. Giornata di sole iniziata alle 7,30 di mattina; il cammino si svolge fluido su tappe per lo più in piano ma quasi totalmente su asfalto, di stade minori e poco frequentate però, il che non guasta. Solo un fastidioso pezzo di statale che col caldo non è il massimo. L'obiettivo era quello di raggiungere nel minor tempo possibile l'arrivo in modo da poter riposare un po' e tentare la salita ad uno dei gioielli più preziosi del Piemonte tutto: la Sacra di San Michele, abbazia antichissima che si erge maestosa in cima a uno sperone di roccia da cui si domina tutta la valle. Solo che dopo 30 km "spinti" farsi 600 metri di dislivello su una mulattiera avrebbe messo a dura prova i miei muscoli e lo svolgimento stesso del cammino.  Avevo ormai rinunciato anche in virtù delle pessime previsioni per domani ma...c'è sempre un ma: Gabriella, anzianotta tenutaria del b&b in cui passerò la notte si è offerta di portarmi su in macchina e alla fine ha percorso con me anche l'ultimo tratto in salita dal parcheggio all'ingresso. Una vera Iron Lady (lei si, mica la strega). Si sono scambiate belle chiacchere , condiviso qualche ricordo doloroso, preso un caffè e alla fine, come per magia, il lei si era trasformato in tu.
La Sacra è una cosa da vedere assolutamente almeno una volta, trasmette un'energia pazzesca e allo stesso tempo possiede quella dote che molti luoghi sacri hanno, il saper addolcire l'anima al di là della fede e delle proprie convinzioni. In più ora ho un secondo timbro sulla mia credenziale ed è uno di quelli che pesa.
Altri incontri del giorno da segnalare quello con il pellegrino Gino con cui ci siamo incrociati più volte senza mai camminare insieme (perché i piedi non sempre hanno lo stesso ritmo) e con la mitica cagnetta Stella che mi ha slinguazzato allegramente dopo la prima carezza (quadrupede dai facili costumi)
La dolente nota di oggi invece è lo squallido posto dove mi è toccato mangiare. Dico toccato perché era l'unica mangiatoia nel raggio di 3 km e io di benzina non ne avevo più per spostarmi. La sacra birra : il cattivo gusto di un locale per bikers finto americano (con tanto di totem sparsi qua e là) misto ad una delle carbonare peggiori della mia vita. Delusione profonda.
A Roma mancano ora 832,9 km. Ce la posso fare...
P.S. Ho le braccia color marmellata di more...forse è meglio cominciare a mettere la crema protettiva

mercoledì 10 giugno 2015

Sana fatica e magica doccia

Seconda tappa, da Oulx a Susa, in teoria 25 km. Perché in teoria? Perché si sa, chi lascia la via vecchia per la nuova sa quello che lascia ma non sa quello che trova; avete presente quando cambiate la fila alla cassa del supermercato e finite per metterci il triplo? Ecco, quello. Ma andiamo con ordine: tutto era partito alla grande, con lo splendido Sentiero dei Franchi che correva a mezza costa, l'incontro con tre cervi, le brevi chiacchiere con una guardia forestale e l'arrivo nel meraviglioso borgo di Exiles. Qui doveva esserci il "visitandum est" più imortante del giorno, il grandioso forte di Exiles , colossale e minaccioso bastione che faceva da tappo fortificato all'alta Val di Susa (e lo fa ancora). Ci fu rinchiuso uno di quegli outsider misteriosi e affascinanti di cui la storia dell'Europa pullula: la Maschera di Ferro. Non voglio tediarvi con la sua storia e presunta identità, fatevi un giro sul web o, se vi piace Di Caprio vedetevi il romanzatissimo film. Dicevo che doveva essere il clou della giornata e invece... chiuso, nonostante i soldoni spesi per realizzare un avveniristico ascensore e facilitarne l'accesso, chiuso. Dovevo capirlo lì che qualcosa sarebbe andato storto. Da Exiles in poi la mia guida e la segnaletica ufficiale si sono fatti la guerra, e io, come dicevo prima, ho cambiato fila e cassa e mi sono beccato un surplus di 4 o 5 km. Certo all'inizio è stato bello (tutto è più bello della statale) vigneti, muretti a secco, mi stavo quasi esaltando. Poi sono iniziati i saliscendi, i boschi lugubri, la segnaletica latitante, le pietre scivolose, di nuovo i boschi lugubri, le tre vecchie vestite sgargianti e apparse dal nulla (tranquilli, niente streghe), le fronde invadenti e grondanti e infine la pioggia (santa mantella proteggimi tu). Insomma non si arrivava mai. Poi Susa è apparsa, radiosa (nonostante il tempaccio) con le sue rovine romane, i palazzi vecchi, i portici ombrosi e l'accogliente Convento di San Francesco da cui vi scrivo, dove ho messo il mio primo timbro sulla Credenziale e dove dormirò come una pietra. Due sono, alla fine, le vere gioie di questa lunga giornata: quella bella sensazione di essere stanchi morti ma sani e i 20 minuti di doccia calda che farebbero sembrare rubicondi anche Morticia e Gomez Addams.
Saludos amigos.

Video of the day

http://www.youtube.com/watch?v=rQ-jWYOHuqY&sns=em

martedì 9 giugno 2015

Prima tappa: Monginevro -Oulx

Prima giornata di cammino dal valico del Monginevro fino a Oulx, 26,5 km. Tappa bellissima con scorci meravigliosi sulle montagne resi ancora più piacevoli grazie a condizioni climatiche decisamente insperate viste le previsioni di ieri che davano tuoni, fulmini e saette. Il percorso originale della via Francigena correva un tempo lungo il fondovalle (e lo fa anche ora) ma la guida che sto utilizzando ha pensato bene di farmi risparmiare lo stress e la puzza della statale 24 trovando delle valide alternative fra i boschi. Certo, l'inizio è di quelli che non si dimenticano: 2,5 km di salita infame che hanno messo a dura prova i miei muscoli freddi. Poi si arriva a una radura circondata dagli alberi dove il sentiero spiana e si snoda piacevole fra conifere, fiori bellissimi e tanto tanto silenzio.  Unici rumori i richiami degli uccelli e il lento soffiare del vento fra i rami.. Tanti animali, tantissime farfalle che mi gironzolavano attorno (una piccola arancione e bianca mi ha "scortato" per un bel pezzo), tanti pennuti simpatici e poi lui, il capriolo. Un incontro bellissimo, una cosa alla Stand by me, non so se avete presente,  tre secondi forse tre secondi e mezzo di stasi assoluta in cui siamo guardati senza muovere un muscolo, poi lui è andato per la sua strada e io ho ricominciato la mia. Brividoni.
Lunghi tornanti di sterrata mi hanno fatto scendere fino a Cesana Torinese, grazioso paesino ricco di fontanili che regalano acqua gelata a chi ha sete e vuole rinfrescarsi il viso, la migliore acqua che si possa bere: altissima, purissima e buonissima. Una splendida cagnona con gli occhi arancione acceso ha pensato bene di leccarmi tutto mentre scambiavo due chiacchere con il suo proprietario ed è stato un altro bellissimo incontro, non c'è che dire.
Per uscire da Cesana bisogna farsi un km di statale ma si abbandona subito per risalire verso lo splendido paesino di Mollieres, tutto case di legno, fioriere traboccanti colore e fontanili (il vero leit motiv del luogo); da lì si prosegue fra cascatelle e piccoli saliscendi fino al paese semi abbandonato di Solomiac.  Tantissime le case diroccate con i tetti fatti di pesanti lastre di pietra, vecchie stalle e abitazioni che nessuno vuole più. Ma c"è anche una casa ristrutturata tutta dipinta che sfoggia una meridiana bellissima recante la scritta "vita fugit sicut umbra" un monito per chiunque non riesca proprio a trovare la sua strada nel mondo o il giusto modo per vivere. Proprio come quelle teste di legno che non hanno niente di meglio da fare che marchiare con i loro stupidi simboli ogni cosa che trovano: tantissime, troppe le svastiche e le celtiche che si vedono sui muri, sui cartelli stradali, persino sugli alberi. Ora ,voi sapete come la penso, ma qui non si tratta di una questione politica, non solo almeno, qui si tratta di etica, di rispetto del proprio territorio, di capire l'enorme abomino di dpingere una svastica accanto al simbolo del pellegrino come mostra la foto qui sotto. Mi arrabbierei anche se al suo posto ci fosse una falce e martello; nonostante il mio ideale sia lì. Come si dice: la madre degli stolti è sempre incinta.
Torniamo al percorso.:da Solomiac si ritorna sulla statale e sono 6km giù fino a Oulx, non si scampa. Poi finalmente è doccia, letto e piedi nudi (e curati a dovere).
A Roma mancano attualmente 887,7 km;  e domani la tappa da Oulx a Susa ne toglierà altri 25.  Ve l'ho già detto che adoro camminare?

El Ritual

http://youtu.be/YLkPWW1pdr0

lunedì 8 giugno 2015

Incredibile Oulx

Oulx è un piccolo paesino adagiato sulla parte finale della Val di Susa a 1100 metri sul livello del mare, pura Occitania lato italiano, terra di storie, tradizioni, cultura e di quella lingua musicale e seducente che è la lingua d'Oc, l'Occitano appunto. Circondato da pareti di conifere da cui spuntano picchi e speroni di roccia nuda e cruda è un vero e proprio paradiso (se amate la montagna ovviamente). Il "visitandum est" di oggi è sicuramente il borgo antico, pieno di fascino e storia, di fontanili da cui sgorga acqua freschissima e di balconi traboccanti fiori. C'è la torre Delfinale (detta anche erroneamente Saracena a causa delle scorribande turche che però non combaciano con il periodo di costruzione) e la bella parrocchia di Santa Maria Assunta, in puro stile "montanaro". Non molto altro ma se amate il paesaggio alpestre ecco il luogo che fa per voi (e per me). Una nota particolare: mai viste così tante agenzie immobiliari in un posto così piccolo. Domattina la signora che mi ospita sarà tanto gentile da accompagnarmi con la macchina fino al confine, su in alto; da lì inizierò il mio cammino verso Roma tornando a dormire in questo accogliente paesino, l'incredibile Oulx.
E pensare che quell'idiota di Mussolini, nel suo delirio italianizzante, l'aveva ribattezzata Ulzio.

domenica 7 giugno 2015

L'inquietudine del partire

Non so come spiegarlo: quando la partenza comincia a diventare imminente mi sale una strana specie di inquietudine che poco ha a che vedere con la gioia che un viaggio sa regalare. È piu forte di me, dovrei esultare e invece serro la testa fra le mani e resto lì, immobile. Poi passa eh, il tempo di arrivare e iniziare a vivere l'avventura e ogni malessere sparisce però per ora è così. Stamattina anche la Jessie, la cagnetta più bella (e agitata) del mondo sembrava voler condividere questa mio stato emotivo. Era lì, sdraiata sul pavimento che mi guardava con quei suoi occhioni tristi mentre finivo di chiudere lo zaino e di vestirmi. A un certo punto si è messa una zampa sulla testa ed è rimasta così, ad osservarmi andar via come se non dovessi tornare più, come se la stessi abbandonando per sempre.
Il treno per Firenze è appena partito, poi ne prenderò uno per Torino, poi uno per la Val di Susa, su fino a Oulx. Quella è solo la prima destinazione di questo lungo viaggio, il Cammino, quello vero, inizia domani, con un altro spirito e con i pensieri bui ormai lontani. Di sicuro.
Si, viaggiare.

mercoledì 3 giugno 2015

In Cammino

No, non è un errore di battitura, ho scritto Cammino volutamente con la maiuscola perché per me (e chi mi conosce lo sa) camminare è una cosa sacra, ce l'ho nel DNA. L'ho sviluppata fin da piccolo, da quando i miei genitori decisero che il mare poteva bastare e bisognava andare in montagna. Da allora "quanta strada nei miei sandali, quanta ne avrà fatta Bartali" come dice il buon Paolo Conte. Le Dolomiti sono state la mia palestra poi ho affrontato i lunghi sentieri di Inghilterra, Scozia e Galles, mi sono macinato tutto l'Abruzzo ed ora, dopo averlo desiderato per tanto tempo, mi appresto a partire per quello che è uno dei percorsi culturali e religiosi più importanti al mondo: la Via Francigena. Sono un ateo convinto e testardo (pur avendo un mio personalissimo lato spirituale) e affronterò questi 900 km con la voglia di vedere, di scoprire, di sentire ciò che tantissime persone prima di me hanno già visto, scoperto e sentito. Ma Camminare è prima di tutto un aprirsi a se stessi, un modo per scendere nelle proprie profondità e contemporaneamente guardarsi dall'alto. Questo è quello che mi ha sempre affascinato, questo è ciò che mi ha sempre spinto a mettere un passo dopo l'altro.
Un diario di viaggio può essere un bel modo di condividere le sensazioni, i dolori e le gioie che si provano sulla strada, che sia essa un sentiero, una sterrata o la più trafficata delle statali.
Il 9 di giugno partirò dalla Val di Susa per scendere, con i miei tempi e il mio passo, fino a Roma: il turismo slow può insegnare molte cose e regalare punti di vista diversi sotto tutti gli aspetti e io voglio condividere con voi questa mia esperienza e sentire, in qualche strano modo, di portarvi tutti con me pur viaggiando da solo.
Thoreau scriveva "l'uomo che viaggia da solo può partire oggi; chi viaggia in compagnia deve aspettare che l'altro sia pronto".
Lo zaino, come vedete è già pronto, io pure.